Pinocchio, una miniera di spunti educativi. Parola di Franco Nembrini
«I figli? Lasciateli stare. Occupatevi, voi genitori, di voi e della vostra vita. Il segreto dell’educazione? “Non avere il problema dell’educazione’’».
Deciso, incalzante, persuasivo: in una sala Besta gremita sabato scorso il noto pedagogista e insegnante Franco Nembrini ha lanciato diversi consigli soltanto all’apparenza provocatori. Quarto di dieci figli, Nembrini ha portato l’esempio della propria famiglia d’origine: «Forse siamo venuti su bene proprio perché i nostri genitori non hanno avuto il tempo di educarci».
Perché i bambini vengono al mondo “fatti da Dio”, dunque con un cuore buono e il “mestiere” del bambino è quello di guardare. Guardando, appunto, si costruisce un determinato sentimento della vita, dunque se genitori ed educatori in generale riescono a trasmettere ‘’grandezza e positività’’, questi saranno anche i valori, le coordinate entro le quali si dipanerà la crescita del bambino. Considerazioni di autentico esperto, queste, all’interno di un incontro che tuttavia non verteva espressamente sulla questione educativa, ma sulla favola del burattino più famoso al mondo.
“Le avventure di Pinocchio – Rileggere Collodi e scoprire che parla della vita di tutti” il titolo dell’intervento seguito all’inaugurazione della mostra “Io Pinocchio” visitabile fino al prossimo 17 dicembre alla Sala Ligari della Provincia, entrambe proposte che rientrano nel progetto “La cultura rinasce (e passa in Valtellina)” promosso dalla Cooperativa sociale Nicolò Rusca ETS con il sostegno di Fondazione Cariplo. Ebbene, Nembrini - che lo scorso 4 novembre ha ricevuto il Premio Internazionale Cultura Cattolica di Bassano del Grappa - parla di Pinocchio come di un monumento pedagogico, miniera di suggerimenti educativi, e, a un tempo, sintesi dell’avventura umana. Lo avreste mai detto?
Nembrini, a proposito di Pinocchio e del suo autore ha voluto sottolineare anche due autentiche stranezze. La prima è che Carlo Collodi, giornalista, inizia a dedicarsi all’infanzia soltanto dopo i 50 anni ed è «un ateo nemico dichiarato della Chiesa cattolica». Ciò nonostante, scrive la storia di Pinocchio che, curiosamente, è identica, nella struttura, alla storia sacra: c’è una fuga dal padre, c’è un tormentato e accidentato ritorno al padre, c’è un destino ultimo che è partecipazione alla vita del padre. La struttura oggettiva del racconto capitolo dopo capitolo è perfettamente conforme alla vicenda salvifica proposta dal cristianesimo ed esiste un’oggettiva concordanza di struttura tra la fiaba e l’ortodossia cattolica.
Numerose le coincidenze e le curiosità che questa rilettura di Nembrini del commento teologico che il cardinale Giacomo Biffi dedicò ai 36 capitoli della fiaba di Pinocchio fa balzare agli occhi. Centrale la figura del figlio, il figlio che sbaglia, che deraglia, che si fa mal consigliare, ma poi anela il perdono del padre, il ritorno dal padre. Addirittura, Geppetto, il papà di Pinocchio, oltre ad essere falegname come Giuseppe, porta anche un nome che è il diminutivo di Giuseppe. E che succede quando Pinocchio cerca di allontanarsi dal buon Geppetto? Pure la sua stessa casa gli diventa nemica, si addormenta e intanto le sue gambe bruciano. E che dire degli animali? Nella fiaba parlano tutti, ma l’unico chiamato “parlante” è il grillo, quel grillo-voce della sua coscienza che Pinocchio non solo non riesce mai ad uccidere, ma si ripresenta di continuo sotto altre sembianze animali.
La seconda “stranezza” legata a Pinocchio riguarda invece il fatto che la favola, pubblicata a puntate, si sarebbe dovuta interrompere al capitolo 15, con gli assassini che uccidono Pinocchio impiccandolo. Non andò cosı̀, però , perché i bambini di tutta Italia scrissero lettere accorate all’editore supplicando di avere nuove avventure del burattino. Come non accontentarli? Collodi fu prontamente richiamato e di fronte alle sue perplessità su come continuare la storia, avendo essa avuto un esito “definitivo”, l’editore non ebbe dubbi: “Fallo risorgere”…
Arte come necessità, arte come possibilità di superare i conflitti
Enzo Gibellato ha proposto a Sondrio un illuminante percorso d’arte pensato per far riflettere sul potere dell’amore
Il denso dicembre del progetto “La cultura rinasce (e passa in Valtellina)” dopo l’incontro di sabato 3 dicembre con Franco Nembrini è proseguito martedı̀ 6 dicembre sempre alla sala Besta con lo storico dell’arte Enzo Gibellato, di ritorno in Valtellina dopo passati incontri dedicati ai maturandi organizzati da Gioventù Studentesca.
“Vincere la guerra amando l’uomo”, un’autentica sfida sin dal titolo scelto per questa sua proposta di “un percorso d’arte in tempo di guerra, con il desiderio di vincerla”.
Gibellato ha proposto una carrellata di opere di artisti di epoche diverse, la guerra dipinta, la guerra fotografata, la guerra “pensata” e l’arte “come necessità”. Autori come Caravaggio, Raffaello, Michelangelo, David, Goya, Delacroix, Picasso, Robert Capa, F. Bacon, Chagall, ma anche i mosaici di Ravenna - «bellezza sorta guerra facendo» ha sottolineato Gibellato - e altri ancora, come stimolo per individuare collegamenti, analogie, particolari in grado di orientare al superamento del male.
Guardare per capire, credere, e coltivare grazie all’arte una speranza: superare la follia della guerra con un’altra follia, la follia di Dio, del perdono, di uno sguardo diverso sull’altro.
E' possibile che una delle affermazioni più famose del grande pittore Chagall sia ancora oggi, ma non solo oggi, sempre vera? E la frase è questa: «Nonostante tutti i problemi del nostro mondo, nel mio cuore non ho mai rinunciato all’amore nel quale sono stato cresciuto né alla speranza nell’amore. Nella vita, proprio come nella tavolozza di un artista, c’è un solo colore che dà senso alla vita e all’arte: il colore dell’amore».
Egli, che nella propria vita aveva attraversato la Rivoluzione sovietica, le due terribili guerre mondiali e la tragedia immane delle persecuzioni ebraiche, si oppose continuamente a questi misfatti con la forza della sua arte, fondata sull’amore. Una storia d’artista, ma soprattutto di uomo, che ha del sorprendente, e che offre una possibilità di confronto particolarmente interessante e attualissima.
Sara Baldini
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