FRAMMENTI DI STORIA – UN FURTO SCELLERATO AL SANTUARIO DELLA MADONNA DI OGA
6 febbraio 2020
Nei secoli scorsi la devozione religiosa era talmente forte e radicata che contemplava da parte del popolo un rispetto ossessivo e maniacale nei confronti dei sacramenti, dei dogmi, delle autorità ecclesiastiche e perfino dei beni soggetti alla Chiesa, tanto che il furto di arredi o suppellettili, anche di lieve entità costituiva un vero e proprio sacrilegio punibile con il massimo della pena. È proprio quel che accade a Oga nel 1716, prima che il lumi della Rivoluzione facessero sentire i loro effetti devastatori sul clero. Alla Madonnina di Oga, all’epoca ancora poco più che una cappelletta, fu commesso un furto nella notte tra il 27 e il 28 maggio 1716: un paliotto e altri piccoli oggetti (2 candelieri in ottone, pezzetti di bindello, bagatelle de reliquiarij, 1 tovaglia con un fazzoletto, pochi plozzeri e qualche corona di fiori sulle statue)… oggetti non di molto valore se non per la “sacralità” – appunto – che potevano rappresentare, eppure la sospettata viene addirittura sottoposta a tortura pur di estorcerle una confessione. Va detto che il luogo in cui sorgeva la cappella era particolarmente caro agli ogolini dell’epoca, perché La leggenda tramandava che l’ogolino Giovanni Guana fu lì salvato grazie all’apparizione della Madonna dopo essere finito in un nido di vipere (o, secondo un’altra interpretazione, un covo di donnole).
Anna
R. BRACCHI, Un furto sacrilego alla Madonnina di Oga nel 1716, Bollettino n. 11/2008
http://www.cssav.it/wp-content/uploads/2017/02/Bsav-11-2008-Bracchi-1.pdf
Foto: archivio parrocchiale di Oga
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