IL 25° PREMIO INTERNAZIONALE MATTEO BAUMGARTEN
Si è da pochi giorni conclusa la XXV edizione del “Premio Internazionale Matteo Baumgarten” che dal 1996 consegna ininterrottamente un aiuto economico a studenti-atleti meritevoli che si sono distinti nelle specialità legate alla FIS (Federazione Internazionale di Sci), oltre ad avere un curriculum di studi in regola.
Il Premio fu istituito nel 1996 per ricordare la figura di Matteo, il giovane universitario che – appena ventenne – fu strappato all’amore della sua famiglia e ai suoi sogni appena sbocciati. Matteo era un promettente talento dello sci alpino e dopo il liceo a Bormio si era trasferito al Middlebury College in Vermont (USA) per meglio conciliare la sua grande passione sportiva senza rinunciare agli studi.
Di questi 25 anni del Premio Internazionale, un traguardo importante raggiunto nel nome del figlio, ci parla Giacomo Baumgarten, papà di Matteo e ideatore con tutta la famiglia del Premio.
Anzitutto, una breve carrellata su quello che è stato il Premio Internazionale in questi 25 anni
Dal 1996, quando è partito il Premio, abbiamo premiato ragazzi e ragazze di ogni nazionalità, che sono riusciti a coniugare con grande impegno lo sport e lo studio, pur avendo già superato l’età dell’obbligo scolastico. E' un aiuto per chi vorrebbe vivere bene entrambe le dimensioni, mentre la maggior parte delle volte gli atleti arrivano a un certo punto che sono costretti a scegliere: o lo sport o la scuola, il più delle volte a discapito di quest'ultima.
Perché il Premio si rivolge proprio agli studenti universitari?
Perché, soprattutto dopo l'obbligo scolastico, le strade dello sport e dello studio si dividono e diventa spesso impossibile riuscire a seguire bene entrambi, almeno per come è strutturato il mondo accademico in Italia. Tanti ragazzi, quindi, sono costretti a fare una scelta e – in tantissimi casi – scelgono lo sport abbandonando gli studi. Con questo Premio abbiamo voluto provare a dare uno stimolo a quanti si impegnano per tenere aperte entrambe le possibilità, ben consapevoli che la strada per il professionismo sportivo è molto incerta e che è necessario garantirsi anche un futuro oltre a quella.
Per questo motivo, Matteo si era trasferito in America?
Anche, ma non solo. Matteo amava moltissimo lo sci alpino, stava cominciando anche a farsi notare, ma non avrebbe mai voluto rinunciare allo studio. Negli USA, lo sappiamo tutti, c’è un sistema scolastico che è strettamente connesso con l’attività sportiva, quindi sarebbe riuscito a coltivare entrambe. Oltre a questo, in Matteo c’era un’apertura verso il mondo, una voglia di scoprirlo da nuove prospettive che lo avrebbero sicuramente arricchito. All’inizio non è stato facile, c’è sempre un po’ di timore nel lasciare il proprio confortevole nido, ma poi è stata un’esperienza straordinaria, benchè breve.
Credo che il mondo del College americano abbia anche una notevole componente cosmopolita, è un mondo nel mondo! Un po’ quello che vuol essere anche il vostro Premio, aperto a tutti senza distinzioni di razza o nazione
Essendo legato alla FIS, il Premio è tarato sulle specialità che ne fanno parte: sci alpino, sci nordico, freestyle, salto, snowboard, ecc. Ma tutti i tesserati delle federazioni internazionali possono concorrervi. C’è un bando che viene diffuso a inizio stagione dalla FIS a tutte le Federazioni, le quali provvedono poi a segnalare gli atleti che possiedono i requisiti richiesti. Devo dire che ci arrivano richieste da ogni Paese: quest’anno, per fare un esempio, hanno partecipato svedesi, americani, finlandesi, slovacchi, lituani, svizzeri..
Gli italiani?
Ecco, questo è un po’ un cruccio perché gli italiani sono poco presenti e in questi 25 anni ne abbiamo premiati solo 2: una è la nostra Marta Antonioli, l’altro è il trentino Hirschauer.
Come te lo spieghi?
Non è certo per nostra volontà: noi riceviamo le domande e poi un’apposita giuria le seleziona, ma sono poche le candidature che arrivano dagli atleti italiani e sinceramente faccio fatica a capirne il motivo. È un peccato, perché il Premio rappresenta un aiuto per la loro carriera, per quanto piccolo rispetto alle necessità che un atleta si trova a fronteggiare.
A cosa corrisponde questo aiuto?
Il vincitore riceve un premio che oscilla tra i 2000 e i 4000 euro, la cifra è variabile perché dipende anche dai contributi che riceviamo dagli sponsor. Sembra un importo alto, ma lo sci e lo studio possono essere molto dispendiosi e poi, è giusto riconoscere l’impegno che questi giovani mettono nel far bene le cose e si tratta di dargli una mano anche per il loro futuro.
Chi si occupa della gestione del Premio?
All’inizio si era pensato di legarlo alla gara di Coppa del Mondo di discesa libera che si svolge ogni anno, ma poi ci siamo resi conto che era un po’ troppo “spersonalizzante” perché l’evento di Coppa del Mondo è già di per sé qualcosa di grandioso. Quindi, pur essendo sempre in capo alla FIS, l'abbiamo impostato in modo più autonomo, come evento con una sua fisionomia, e questo è stato possibile grazie soprattutto alla collaborazione del Lions Club Bormio, che ci ha subito affiancano con grande sensibilità e determinazione.
Cosa c'è dietro al Premio Baumgarten, oltre al riconoscimento economico?
E' un mondo fatto di rapporti personali che, molto spesso, permangono negli anni. Siamo rimasti in contatto con tanti ragazzi premiati e loro sanno che, oltre all’aiuto economico, qui possono trovare una porta aperta. Questo Premio rispecchia il modo di essere di Matteo, aperto sul mondo. Infatti, nei giorni della cerimonia, i premiati sono nostri ospiti e si fermano in paese, dove hanno modo di conoscere la realtà alpina e familiare in cui Matteo ha vissuto e in cui il Premio è nato. Dietro al Premio c’è un mondo di rapporti umani, che è la cosa più importante, perché i soldi vanno, le relazioni restano.
Quindi siete rimasti in contatto con i ragazzi che negli anni sono stati premiati?
Non con tutti, ma con parecchi. Dipende dai casi della vita e dalla sensibilità personale di ciascuno. Posso dire che tutti sono stati sempre molto orgogliosi di essere stati scelti per il Premio e da parte loro ho sempre riscontrato molto rispetto per una scelta non facile da portare avanti con continuità. Essere arrivati qui dopo ancora 25 anni è la dimostrazione che il Premio ha una sua ragion d’essere e che la sua proposta è valida; non posso che ringraziare tutte le persone e gli sponsor che ci credono e che lo supportano nel tempo.
Il momento della cerimonia come occasione di incontro più che di celebrazione…
Esattamente. Infatti, oltre agli amici del Lions Club Bormio e agli sponsor che ci sostengono, vengono invitati da sempre le persone più care e gli amici che negli anni sono stati vicino a noi e a Matteo e che continuano ad esserlo. Il clou della serata è costituito dalla lettura di alcune riflessioni scaturite dai pensieri di Matteo, un momento di raccoglimento condiviso con un forte coinvolgimento emotivo, che tocca corde profonde nell’animo dei presenti e che ci spinge a riflettere meglio e più a fondo sulle cose della vita.
Qual è il lascito di Matteo?
Matteo era uno straordinario grafomane, ma nel senso più bello del termine. Si appuntava tutto e per noi le sue lettere sono un’eredità preziosa, perché attraverso di esse continua a parlarci e a metterci a parte delle sue scoperte. Da questi scritti scaturiscono tante riflessioni che ancora oggi ci spingono a interrogarci sui casi della vita, dalle piccole banalità ai misteri più grandi. Oggi più che mai ce n’è bisogno, in un tempo caratterizzato da un’enorme interconnessione digitale ma da una sostanziale povertà di sentimenti.
Il Premio di quest’anno, relativo alla stagione agonistica 2020/2021, è stato assegnato alla svizzera Juliana Suter (1998), specialista dello sci alpino (soprattutto discesa e super gigante) iscritta alla Pädagogische Hochschule Schwyz di Goldau.
Anna
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