YURI CONFORTOLA, 20 ANNI DI CARRIERA SUL FILO DI LAMA
Quello che ha fatto Yuri Confortola nella recente tappa di Coppa del Mondo in Giappone è qualcosa di assolutamente coraggioso e – a dirla tutta – di eccezionale. Nella finale dei 1500 mt di Nagoya, valida come qualificazione per le Olimpiadi di Pechino 2022, Yuri ha lasciato tutti di stucco con una partenza al fulmicotone e una tattica di gara precisa che ha dato i suoi frutti.
“Quando li ho doppiati ho capito di aver vinto – racconta Yuri – perché un gap di questo genere è impossibile da recuperare”. L’audacia e la spettacolarità di questa scelta, però, non devono far passare in secondo piano l’importanza dell’impresa: con questa medaglia Yuri ha regalato all’Italia un podio che mancava da ben 14 anni e anche per lui si è trattato del primo successo d’oro in Coppa del Mondo. Tanto di cappello a chi, a fine carriera, scende ancora in pista con la grinta degli esordi e non ha perso la voglia di divertirsi. A sentirlo parlare ti verrebbe voglia di indossare immediatamente i pattini!
Yuri, quando sei entrato in pista per la finale, avevi già in mente la tua fuga?
La gara dei 1500 è molto tattica, perché la sua lunghezza implica delle scelte precise che possono influire sull’andamento. Anzitutto nessuno degli atleti in gara vuole mettersi davanti, perché è molto più faticoso (un po’ come nel ciclismo) e tutti vogliono invece risparmiare le forze. Quindi, anche in considerazione delle mie caratteristiche (non sono uno sprinter), ho ragionato su 2 possibilità: partire subito ed essere ripreso, e in tal caso avrei guadagnato qualcosa dallo sfiancamento subito dai miei avversari per recuperarmi; oppure partire subito e tentare di porre più distanza possibile tra me e loro. E così è accaduto!
Questa medaglia avrà un posto speciale nella tua bacheca?
Devo proprio dire di sì. Non tanto per come è giunta, ma perché a fine carriera ha un sapore molto più bello. E poi, è la mia prima medaglia d’oro in Coppa del Mondo…
Potrebbe essere solo l’inizio!
Eeeeh, ormai ho dato! Voglio concludere l’anno olimpico con i Giochi del 2022 e poi…. vedremo.
Sei in Nazionale dal 2004, come è cambiato il mondo dello short track in questo ventennio?
Enormemente! Rispetto a 20 anni fa si sono evolute le attrezzature, si è raffinata la tecnica, sono cambiati i metodi di allenamento e c’è stata una crescita pazzesca di livello: se con il mio attuale stato di forma dovessi tornare a 20 anni fa, vincerei tutte le gare a mani basse! Ma in questi anni sono cambiato anch’io! Con il tempo ho modificato certe mie convinzioni e questo è stato determinante per continuare a competere a un certo livello. D’altronde, l’aggiornamento è essenziale per migliorarsi, in ogni contesto, e anche il modo di stare in pista può cambiare, i movimenti possono cambiare…
Qual è, dal punto di vista tecnico, la cosa più difficile da imparare nello short track?
Più che di un gesto specifico, direi l’importanza di dare fluidità a tutto il corpo, di muoversi in modo sciolto e con naturalezza. Poi, negli allenamenti, si andranno a regolare i diversi aspetti anche in base alle caratteristiche specifiche di ciascuno.
A beneficio dei piccoli pattinatori, raccontaci qualcosa dei tuoi esordi: ricordi qualche caduta? Qualche bisticcio con un allenatore?
Io ricordo solo che mi sono sempre divertito tanto, ma tanto!!! Ho iniziato a fare pattinaggio e non ho mai voluto smettere, da tanto che mi piaceva, e non mi è mai pesato. E ancora adesso, amo tutte le esperienze che posso fare grazie allo short track, non solo quelle prettamente competitive; anche solo il fatto di andare in paesi stranieri è un’esperienza che mi lascia qualcosa.
I tuoi orizzonti fin dove arrivano? Vorresti restare nel mondo dello short track?
Non ho ancora fatto previsioni. Mi piacerebbe dare una mano ai giovani e fare in modo che il movimento dello short track possa offrire ancora occasioni per loro e regalare soddisfazioni all’Italia e alle società che lavorano dietro alle quinte.
Qual è il tuo punto di vista sullo stato attuale dello short track italiano?
Non è facile competere ai massimi livelli con Paesi molto più grandi e strutturati; la nostra realtà è fatta di piccole associazioni che lavorano spesso su base volontaria, per questo diventa fondamentale coordinarsi al meglio e lavorare bene soprattutto dal punto di vista qualitativo e non solo quantitativo.
Come vedi i nostri giovani della Nazionale?
Hanno la testa sulle spalle e sanno destreggiarsi molto bene in un ambiente molto competitivo. Qualcuno è anche fin troppo esigente con se stesso!
Nella tua esperienza, sei stato anche uno studente-atleta e hai vissuto le difficoltà di molti giovani nell’affrontare il duplice impegno delle gare e della scuola.
Ti dirò che se c’è una cosa che lo sport insegna, è quella di sapersi organizzare. Certo, gestire studio e sport non è semplice, anche perché nello short track le trasferte non sono proprio dietro casa… ma i ragazzi sportivi imparano ad organizzare la giornata in base ai loro impegni e lo fanno in modo molto disciplinato.
Si è appena concluso il 29° AVT: un trofeo così longevo è quasi una rarità…
Ben vengano appuntamenti del genere, che consentono ai giovani di confrontarsi tra loro e di entrare in contatto con realtà diverse. E poi, diciamolo, l’organizzazione è perfetta!! È qualcosa che va assolutamente mantenuto, anzi: ci vorrebbero più occasioni di incontro per i ragazzi, magari anche in versione estiva come i training camp, che in Germania sono aperti anche agli stranieri...
Yuri è uno dei tanti campioni che sono usciti dalla Bormio Ghiaccio, ma il suo vero lascito è quello di ricordare a tutti che il talento non basta e che per competere ai massimi livelli bisogna lavorare moltissimo su se stessi, conoscersi a fondo e non adagiarsi mai; consigli che parranno banali, ma che gli hanno consentito di restare sulla breccia per 20 anni. Solo 3 anni fa è stato ancora in grado di migliorare i suoi tempi personali sui 500 e sui 1000 mt e chissà… magari non è ancora finita!
Anna
Foto di copertina ISU
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