LE CAPRIOLE DEL GIORNALISMO

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LE CAPRIOLE DEL GIORNALISMO

Ven, 01/10/2021 - 20:09
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Sotto lo sguardo della Bajona, del Kuerc e della Collegiata di Bormio, un'occasione per riflettere sulla libertà di pensiero

Alla fine si scoprirà che è solo tutta colpa dei giornalisti e dei media: diffusori di fake, apologeti della disinformazione, scioperati dell’approfondimento, megafoni dei poteri forti e che all’indomani di questo ultimo incontro sulla libertà – ironizza provocatoriamente il relatore della serata – “diranno che abbiamo spaccato le bottiglie per terra, lanciato le molotov, bestemmiato”…

Ma chi sarà mai che dal sagrato della Collegiata di Bormio scaglia tutti questi strali contro media e pennivendoli, in una serata di fine settembre?

Un giornalista…..

Ah, però, lui è un giornalista libero e indipendente, come a dire che questo gli dia una sorta di patente di legittimità.

Intendiamoci, ognuno è libero di esprimersi ed argomentare a piacimento, però però… se si fa le pulci agli altri non si può evitare che gli altri le facciano a lui.

A partire dall’organizzazione stessa della serata: se si appura che nessun articolo verrà scritto all’indomani, forse è per un milione di motivi personali diversi, o forse è perché la notizia dell’incontro non era nota a nessuna redazione e la locandina è girata solo in gruppi privati e fra amici-degli-amici. 

Nell’intervento in piazza del Kuerc del 25 settembre 2021 il giornalista libero-e-indipendente M. Gracis ci ha messo dentro un po’ di tutto, la trattativa Stato-mafia, la no-TAV, le brigate zapatiste, Thoreau, De Andrè, la nascita dell’Universo, la comunicazione e, ovviamente, i vaccini… uno zibaldone in cui si può pescare tutto e il contrario di tutto, secondo il proprio punto di vista.

Quel che invece manca in questi incontri sui temi oggi più “caldi” e controversi, è proprio il confronto! Che non è fatto di un oratore che parla di fronte a un pubblico, bensì di 2 oratori che discutono dei loro punti di vista (possibilmente critici) lasciando che l’uditorio possa farsene un’opinione più diffusa e obiettiva e che soprattutto possano sollecitare quel “beneficio del dubbio” che campeggiava anche sulla locandina. Ma certo, di questo non possiamo fare una colpa al giornalista-libero-e-indipendente, che fa solo (molto abilmente) il suo lavoro, solleticando il gusto della ricerca.

Vogliamo parlare dell'approccio lombrosiano? Come, ad esempio, ritenere che una persona sia cattiva basandosi solo sul suo sguardo? Il giornalista asserisce che lui si basa “sui dati, numeri e le fonti ufficiali”, però quando parla di un uomo politico come Draghi lo misura in primis dal suo sguardo e gli basta dire che “lì dentro c’è qualcosa che non va bene, c’è qualcosa di cupo” per farne “una persona che non è stata messa lì per fare il nostro bene”, perché quello che conta sono gli occhi, lo specchio dell’anima. Quante persone conosciamo con il viso, gli occhi, le guance resi pesanti e incupite dalle responsabilità della vita? Mi aspetterei, allora, che da domani, prima di firmare un contratto di assunzione o di fornitura, la gente guardi negli occhi l’interlocutore e se non gli piacciono, rinunci. Perché quel che conta, alla fine, è restare felici, anche senza lavoro.

E che dire dell’accenno ad azioni violente o addirittura a un ritorno delle Brigate Rosse, che sarebbero indotti dalla politica del Governo? Per fortuna qualche signore del pubblico ha avuto da obiettare, costringendo il giornalista-libero-e-indipendente (nonché coerente) a una rettifica: “non era una minaccia, era un appello”. Salvo che, le sue testuali parole sono state: “Dovete stare alla larga dai nostri figli. Lo dico a chiare lettere: la mia è una minaccia” e ancora “se continuano a minacciare i nostri figli non saremo più pazienti e io sono pronto ad andare in prigione”.

Fino all’ultima provocazione: “quando una legge è ingiusta, può essere giusto infrangerla”. Ma chi lo stabilisce cosa è giusto infrangere? Questa è una china pericolosa! Se ciascuno volesse valutare le leggi secondo il suo soggettivismo, sarebbe l’anarchia. La disobbedienza civile è uno strumento che in tanti hanno utilizzato in epoche diverse, anche molto lontane, ma su cui oggi è facile dissertare perchè conosciamo il corso della storia.

L’impressione più forte che mi è rimasta di questa serata è stata una robusta somiglianza con gli spettacoli che Beppe Grillo portava nelle piazze e nei teatri prima di entrare in politica, forse solo leggermente meno ironici e corrosivi (d’altronde, lui stesso ha ammesso di aver appreso le tecniche comunicative durante la sua esperienza nel Movimento 5 Stelle); spettacoli che, nonostante i punti di vista differenti, hanno il pregio di scuotere le coscienze e "muovere la pancia".

Sospeso su tutto, mi rimane un dubbio finale: se – come dice il giornalista-libero-e-indipendente – siamo su una pentola a pressione, non sarebbe il caso di abbassare la fiamma anziché di aumentarla? Oppure, far scoppiare pentola, casa e condominio è proprio dove qualcuno vuole arrivare?

 

Anna

 

Il video è visionabile su youtube al link

https://www.youtube.com/watch?v=G8IujhiRkdo