FRAMMENTI DI STORIA. LA DONNA SOLA, UN "PERICOLO SOCIALE" NEI SECOLI PASSATI
Nei secoli passati lo stato nubilare della donna costituiva un problema di ordine sociale non indifferente. La figura femminile, specie se priva di una tutela maschile, risultava particolarmente vulnerabile e soggetta al rischio di scivolare nella prostituzione o nella mendicità, tant’è vero che in alcune zone d’Italia si utilizzava il termine assai calzante di “pericolanti” per indicare diverse categorie di donne sole, ma tutte accomunate dalla minaccia incombente di perdere l’onestà.
A ciò si aggiunga una legislazione decisamente attestata sulla minore capacità giuridica della donna, che rimaneva totalmente soggetta agli interessi del gruppo familiare di appartenenza e per la quale non esistevano forme di affrancazione se non tramite una potestà maschile (paterna, maritale o tutt’al più conventuale), condizione indispensabile per preservarne l’onore, la rispettabilità, la virtù. La perdita di tali elementi, ritenuti fondanti per la buona reputazione di una donna, avrebbe provocato inevitabilmente una svalutazione morale della stessa, con gravi conseguenze che ne avrebbero segnato l’intera esistenza.
Proprio per scongiurare tale pericolo il nobiluomo Giovanni De Simoni, canonico di Bormio, nel 1842 lasciò nel suo testamento un obolo in favore delle zitelle povere, dove per zitella s’intendeva “quella ragazza che avrà raggiunto la pubertà ai sensi della legge civile”. Il sussidio sarebbe stato devoluto dall’arciprete di Bormio, esecutore testamentario, con un occhio di riguardo per il ramo femminile discendente del canonico. Non fu l’unica iniziativa nel merito, perché a Bormio è attestato un ricovero per vedove e zitelle povere sin dal 1660, in contrada Buglio, chiamato “Ospedaletto” o anche “Ospedale minore”.
Anna
A. LANFRANCHI, Forme di assistenza a favore delle zitelle povere di Bormio, Bollettino 16/2013
http://www.cssav.it/wp-content/uploads/2017/02/Bsav-16-06-Lanfranchi-Zitelle.pdf
- 268 viste