LA SERATA RUN FOR SULL’ATTIVITÀ SPORTIVA AL FEMMINILE

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LA SERATA RUN FOR SULL’ATTIVITÀ SPORTIVA AL FEMMINILE

Mar, 06/03/2018 - 20:59
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Dai contributi dei relatori alcuni spunti di riflessione sul binomio donna-sport

Metti qualche donna dal passato sportivo importante intorno a un tavolo, una presentatrice vivace, un pubblico attento, un pizzico di storia e di scienza et voilà! La serata è fatta! Lunedì 5 marzo, all’approssimarsi della festa della donna, le ragazze dell’Asd Run For in collaborazione con il Museo Civico di Bormio hanno intavolato una “chiacchierata” sul rapporto tra la donna e lo sport, nello spazio e nel tempo. Partendo dai piacevoli racconti storici di Daniela Valzer, con aneddoti sulle sportive di casa nostra che timidamente si affacciavano al mondo dello sport a partire dagli anni ’30, la serata si è dipanata sul filo dei ricordi fino ai giorni nostri, grazie agli interventi di alcune ex atlete che hanno voluto condividere i momenti della loro passata esperienza sportiva (anche se chiamarle ex atlete è molto riduttivo, dato il loro strepitoso stato di forma e il fatto che tuttora continuano a “masticare” sport). Il mondo atletico dell’Alta Valle è ricco di esempi in tal senso e può davvero essere preso come modello per il ruolo che le donne si sono conquistate in ambito sportivo: tra allori mondiali, olimpici, nazionali c’è di che restare a bocca aperta ascoltando con quanta semplicità queste donne hanno fatto le loro scelte, hanno faticato per fare ciò che amavano, hanno esercitato la difficile arte di mamma in mezzo ad allenamenti e gare e poi, con molta naturalezza, si sono “ritirate” dalla ribalta tornando alla vita di tutti i giorni. Katja Colturi e Barbara Baldissera (short track), Marianna Longa (sci di fondo), Marta Antonioli (sci alpino), Francesca Martinelli e Roberta Pedranzini (scialpinismo) ci hanno trasmesso le due facce dello sport ad alti livelli, donne comuni che fanno cose eccellenti, lo straordinario che diventa ordinario, come quel normalissimo “ciao mamma” con cui Pietro saluta Francesca quando si incontrano casualmente sulla cresta di una montagna nel bel mezzo di una gara tostissima qual è il Pierra Menta! O come quando Marianna racconta dell’energia grandissima che le è derivata dalla nascita del figlio Michele e che le ha consentito di rientrare alle gare con una motivazione ancora più forte. Non che sia stata una passeggiata per tutte loro: la vita di atleta, ai loro livelli, è sacrificante, ma – e questo è il messaggio – non è impossibile! E poi ci sono le amicizie che restano nel tempo, quei legami speciali che si sono creati con i compagni di avventura, la soddisfazione di dire “guarda dove sono arrivata”, magari partendo dai fumetti di Topolino e da un paio di pattini gialli, come è successo a Katja…

Inevitabile l’accenno al processo che porta alla “nascita” di un atleta, alle doti che servono e soprattutto alla formazione che gli viene data. Barbara Baldissera e Marta Antonioli, ex nazionali che lavorano a stretto contatto con i bambini e sono laureate in scienze motorie, lo hanno spiegato molto bene: ai bambini non serve “bruciare le tappe”, serve un approccio giocoso e divertente allo sport e solo da una certa età in avanti si può avviarlo alla specializzazione. In tal modo egli potrà praticare lo sport con un bagaglio molto più ricco sia in termini di sviluppo cognitivo sia di schemi motori. Francesca e Roberta, ad esempio, si sono avvicinate allo scialpinismo piuttosto tardi, ma è bastato poco perché diventassero pluricampionesse. Lo scialpinismo – è vero – non è uno sport molto diffuso a livello femminile, ma la scelta di dedicarvisi già da adulte le ha rese certamente più consapevoli dei loro mezzi, anche in confronto agli uomini (Roberta ricorda bene gli spintoni e le gomitate che arrivavano dagli atleti maschi alla partenza delle gare!!). A proposito di sport prettamente “maschili”: Bormio ha avuto per qualche anno persino una squadra rosa di hockey su ghiaccio e quelle poche tesserate (bastavano due mani per contarle tutte…) vi si erano gettate a capofitto ed esibivano orgogliose il loro armamentario di mazze e parastinchi. A guardarle questa sera – tre di loro erano presenti in sala – non si direbbe: minute, eleganti, discrete…lo sport declinato al femminile serve anche a stemperare l’immaginario da certe esagerazioni.

Che fare sport faccia bene, lo sanno tutti. Ma fare sport, per la donna, dovrebbe essere un imperativo! Il dottor Baldini è stato chiaro: gli studi dimostrano che sino a 24 anni il corpo (soprattutto quello femminile) provvede ad accumulare calcio anche attraverso l’attività fisica e tale riserva per la donna sarà fondamentale negli anni maturi, quando bisognerà attingervi. Addirittura si stima che nel periodo dell’adolescenza il 70% di ragazze smettono di fare attività fisica, senza che i genitori se ne preoccupino più di tanto.

C’è ancora tanto da lavorare su questo aspetto e questa serata ha voluto essere – oltreché un omaggio alle donne sportive – uno stimolo per riflettere sui processi di crescita delle nostre generazioni.

Anna