VITTORIO SGARBI A BORMIO PER LA TAPPA VALTELLINESE DE “LA MILANESINA”

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VITTORIO SGARBI A BORMIO PER LA TAPPA VALTELLINESE DE “LA MILANESINA”

Ven, 30/06/2017 - 16:51
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A fare gli onori di casa Fausto Barbalace e Paola Romerio Bonazzi del Rotary Club Bormio

venerdì 30 Giugno, 2017

Giovedì 29 giugno 2017, nonostante il meteo inclemente, centinaia di persone hanno varcato le porte della chiesa Collegiata dei SS Gervasio e Protasio per partecipare alla tappa bormina de “La Milanesiana”, evento di portata nazionale ideato e curato da Elisabetta Sgarbi e che quest’anno taglia il traguardo dei 18 anni.

Bormio, minuscolo lembo al centro dell’arco alpino, è diventata per una sera il teatro di una manifestazione che, tra giugno e luglio, toccherà città come Milano, Firenze e Torino…un evento unico, questa Milanesiana a Bormio, che non ha mancato di suscitare interesse ed apprezzamento: circa 500 persone stipate nella Parrocchiale hanno ascoltato incantati i voli poetici di Tahar Ben Jelloun, hanno sorriso delle dissertazioni di Vittorio Sgarbi sul nostro patrimonio artistico e gastronomico, hanno cantato al ritmo della calda voce di Serena Brancale. A fare gli onori di casa Fausto Barbalace e Paola Romerio Bonazzi del Rotary Club Bormio, che ha fortemente voluto ed organizzato la serata, nata da un proficuo incontro con la stessa Elisabetta Sgarbi quando lo scorso anno fu ospite al premio letterario “Contea di Bormio”. In particolare va riconosciuto a Paola Romerio Bonazzi il merito di aver tessuto la trama che ha portato all’appuntamento odierno con “La Milanesiana a Bormio”, un piccolo diamante in mezzo a tutte le altre manifestazioni culturali che l’Alta Valle può offrire e che si inserisce perfettamente nello spirito universale della Milanesiana stessa, che è quello di allargare la partecipazione e le sedi in un crescendo di contaminazione culturale in ogni sfera di competenza, dalla letteratura alla musica, dal cinema alla scienza, dall’arte alla filosofia e al teatro.
Un silenzio partecipe ed empatico ha seguito la lectio magistralis di Tahar Ben Jelloun: il poeta e scrittore ha condotto il pubblico per mano dalla più minuscola strada di Fès (in Marocco, dove è nato), la cosiddetta “strada di uno solo”, sino all’atelier di Alberto Giacometti, lo scultore svizzero nato a due passi dalla Valtellina e famoso per le sue opere filiformi e allungate, in un sorprendente accostamento tra la singolarità, la solitudine e anche l’intimità che in Ben Jelloun vengono evocate sia guardando dall’alto la stretta strada marocchina sia ammirando i capolavori di Giacometti. Due elementi che occupano il minino spazio vitale e che esprimono una singolarità inaccessibile, come spesso lo è l’animo umano, ma che possono nascondere una prorompente forza propria, come disse Giacometti all’amico Jean Genet a proposito di una scultura che – con grande sorpresa – aveva scoperto nascosta sotto un tavolo: “Sì, è forte. Troverà il modo di mostrarsi anche se io la nascondo”. Nonostante la lingua madre francese Tahar Ben Jelloun ha saputo avvincere l’uditorio con una esposizione delicata, lirica e suggestiva, non priva di spunti su cui riflettere.
Altrettanto incisivo l’intervento di Vittorio Sgarbi, che ha saputo farsi perdonare il piccolo ritardo con uno scoppiettante, sardonico e arguto esame sullo stato e sul valore di alcune opere conservate nella nostra Valtellina, non senza alcuni brillanti riferimenti all’animale divenuto ormai il suo marchio di fabbrica, quella “capra” che risuona fra i suoi epiteti più famosi e che in Valtellina trova casa persino tra le incisioni rupestri di Grosio! La panoramica di Sgarbi sul patrimonio valtellinese è rapida, tra opere di primo livello (Ligari, Venusti, Usellini) e altri prodotti di ben più modesta fattura, tra eccellenze gastronomiche e grossolane cadute di stile (ad esempio il vino passito servito in un bicchiere di carta…), tra musei dal contenuto ormai omologato e parchi dai nomi improponibili. Uno Sgarbi che la gente ha percepito “vicino” anche per l’interminabile esperienza del viaggio da Milano a Bormio lungo le nostre strade caotiche e dissestate e che – al di là delle intemperanze pubbliche del personaggio – trova il tempo di soffermarsi anche sulle piccole ricchezze nascoste in ogni provincia, scovandone pregi e difetti, perché “nulla è più importante dell’integrità e dell’aurea di un luogo”.
A conclusione di questa spettacolare serata, il concerto di Serena Brancale. La tonalità morbida e il timbro caldo dell’artista hanno riecheggiato lungo la navata, in una mescolanza di forme e di accompagnamento (dall’Iphone utilizzato come base strumentale, alla batteria elettronica, alla chitarra del musicista Domenico Sanna) che è culminata nel coinvolgimento del pubblico in un duetto guidato di gorgheggi e vocalizzi. Una serata che ha davvero lasciato il segno in chi ha avuto la possibilità di recepirla in tutta la sua forza vitale.

Anna Lanfranchi