LA STORIA DELL’ALBERGO ADELE DIVENTA UN LIBRO
Se ogni bormino avesse a cuore la storia della sua famiglia tanto da raccoglierne le memorie e renderle pubbliche, potremmo contare su un patrimonio incommensurabilmente prezioso e unico! Perché non basta conservare gelosamente le carte nei bauli, ma è necessario che questo materiale esca dagli scaffali e venga condiviso il più possibile: solo così possiamo sperare di restituire la vita a quei piccoli mondi familiari che rimangono nascosti tra le pieghe del passato e che – viceversa – sarebbero condannati a scomparire.
I paesi piccoli, poi, hanno un grande pregio: la storia di una famiglia finisce inevitabilmente con l’intrecciarsi con la storia stessa del paese o – perlomeno – ne lascia una traccia. Ecco perché l’iniziativa presentata all’albergo Adele nella serata di venerdì 24 maggio 2019 è senz’altro meritevole di essere conosciuta: in questa sede, infatti, è stato presentato il libro che ricostruisce la storia della struttura alberghiera, che nacque intorno al 1922-1923 come Villa Ida, gestita dalla famiglia Zappa, e poi nel 1957 fu acquistata dai coniugi Adele e Fortunato (detto Attilio) Mevio, che vi conducevano una pensione per gli ospiti della Magnifica Terra. Da allora l’albergo fu un riferimento per tantissime persone, sia villeggianti (o meglio, ospiti-viaggiatori) sia locali, soprattutto perché vi si organizzavano delle “serate danzanti” molto partecipate.
Il libro nasce da un’idea o meglio, da un atto di amore nei confronti dei miei nonni Adele e Fortunato. Quando negli anni ’50 hanno aperto la pensione, che poi divenne Albergo Adele, Bormio era molto diversa rispetto a oggi e la struttura aveva solo 14 stanza senza bagno, racconta il nipote Stefano “Scasci” Bedognè, uno dei principali artefici di questa iniziativa editoriale (alla quale hanno collaborato anche Marino Amonini, Luca Rigamonti, Giorgio Mario Aldeghi e Mariano Spreafico). La storia della piccola pensione familiare procede nei decenni con quella di una Bormio che si espande in tutti i sensi: turisticamente, economicamente, urbanisticamente. Eppure, nonostante gli ampliamenti e ammodernamenti, l’albergo Adele continua a mantenere negli anni la sua connotazione squisitamente familiare, grazie al vigore, all’energia, alla determinazione, all’esuberanza di Adele che ne incarnava l’essenza: una donna coriacea, che poteva sembrare dura all’apparenza, ma che sapeva interpretare con finezza e sensibilità gli umori di ogni ospite. Non a caso il “libro degli ospiti” ci tramanda pensieri di grandissimo affetto e riconoscenza, vergati da anonimi viaggiatori o da personaggi più noti (vi ricordate il ciclista G.B. Baronchelli? Fu anche lui gradito ospite e lasciò la sua dedica sul guest-book); per Adele non v’era differenza, trattava tutti allo stesso modo, come uno di famiglia.
L’apparato fotografico del libro è senz’altro singolare, con le immagini d’epoca che scorrono frammiste a quelle di famiglia e ai molti ricordi degli ospiti; questi ultimi, in particolare, costituiscono un bene unico e impagabile, perché ci svelano il ritratto di persone semplici che seppero mettere al centro di tutto l’accoglienza per l’ospite, che è poi il semplice segreto del successo di ogni impresa turistica. L’attività dell’albergo Adele viene portata avanti oggi dalle generazioni successive, con la stessa attenzione e sensibilità che è stata propria di Adele e Fortunato.
Anna
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