DI PADRE IN FIGLIO – LA BICICLETTA, PASSIONE DI FAMIGLIA

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DI PADRE IN FIGLIO – LA BICICLETTA, PASSIONE DI FAMIGLIA

Sab, 28/08/2021 - 18:59
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Da Antonio a “Fucio” fino ad Alessio e Nicola: la famiglia Martinelli sui pedali attraverso le generazioni
Fulvio Martinelli

La storia del ciclista Alessio Martinelli di Valdidentro nasce sulle orme di un papà e di un nonno grandi amanti delle due ruote e, pur non avendoli visti mai in azione (Alessio è del 2001), ne ha sicuramente ereditato la passione, come già accaduto al fratello maggiore Nicola. Il percorso dei due fratelli, quindi, non può che nascere da qui, cioè dalla loro famiglia e, in particolare, da papà Fulvio (“Fucio”), che negli anni ‘80 e ‘90 ha lasciato il segno in numerose gare e trofei ciclistici, sia su strada sia in mountain bike: “Però erano altri tempi…noi la vivevamo in modo più goliardico, perché capitava anche di andare in discoteca la sera prima di fare delle gare!

 

Tu FULVIO, però, prima di dedicarti alla bicicletta sei stato anche fondista e corridore…

È vero! Da ragazzino sciavo con lo Sci Club Valdidentro e poi con lo SCAV (costituitosi nel 1976), e inoltre correvo con l’Atletica di Sondalo. Ho partecipato ai campionati italiani di corsa in montagna, ai campionati juniores di fondo, ho fatto la 100 km di fondo e tante gare provinciali e regionali dei Giochi della Gioventù.

Come ti sei avvicinato alla bicicletta?

Del tutto casualmente: avevo un ginocchio che mi dava un po’ di problemi e il dottore mi ha consigliato di fare bicicletta. Sono salito in sella ed è nato tutto lì! Pensa che non avevo neppure una bici, l’unico in casa che pedalava era mio papà Antonio, grande appassionato di bicicletta, che però aveva una “Graziella”…

Quindi la bici è proprio il destino di famiglia!

Mio padre non ha mai fatto gare, io ho cominciato alla fine degli anni ’80; prima solo bici da strada e poi ho fatto anche tanta mountain bike e me la cavavo abbastanza bene! Ho fatto parte di vari team, mi sono divertito e mi sono tolto le mie soddisfazioni parecchie volte, poi nel 1999 ho smesso, anche perché nel frattempo mi ero messo in proprio e avevo parecchio da lavorare. I primi tempi stavo al lavoro fino alle 19 e poi uscivo ad allenarmi sui pedali: mi è capitato più di una volta di rientrare da un allenamento che era buio inoltrato…. però era troppo impegnativo, quindi ho smesso e poco dopo è iniziata l’avventura dei figli, Nicola e Alessio, entrambi sui pedali sin da piccolissimi.

ALESSIO, i tuoi ricordi in bici cominciano in tenera età…

Avevo davanti a me l’esempio di mio fratello Nicola che mi stimolava, volevo fare anch’io quello che faceva lui. Pensa che 6 anni ho avuto in regalo la mia prima bici da corsa, perché anche lui ne aveva ricevuta una… solo che lui aveva 5 anni in più di me!!!

Inusuale, per un bambino così piccolo, andare con una bici da corsa.

Da che mi ricordo, mi è sempre piaciuto pedalare. Certo, da piccolo facevo prevalentemente mountain bike, ma non è mancata qualche piccola gara con la bici da corsa. È uno sport in cui mi sono sempre sentito a mio agio, che mi dà belle sensazioni e non mi è mai pesato praticarlo.

Quando è diventata un po’ più seria la tua “carriera”?

Ho fatto un percorso molto graduale, in cui col crescere dell’età cresceva progressivamente l’impegno e la consapevolezza di quello che volevo: nel Valdidentro Bike ho fatto le prime esperienze importanti fra i “giovanissimi” e gli “esordienti”, poi sono stato negli “allievi” e negli “juniores” della Team Giorgi asd, quindi alla TEAM COLPACK BALLAN per le categorie “juniores” e “under 23” e infine l’anno prossimo passerò al professionismo con la Bardiani. Sempre con la famiglia al mio fianco: senza di loro non sarei qui.

Anche tuo fratello maggiore Nicola era avviato alla carriera ciclistica: quanto è contato il suo esempio?

Tantissimo! Nicola ha fatto ciclismo agonistico per diversi anni e anche lui ha gareggiato in U23; io ho sempre voluto seguire le sue orme, non potevo fare diversamente!! Poi lui ha fatto la scelta di dedicarsi esclusivamente all’università, mentre io sono determinato a entrare nel mondo del professionismo, pur senza tralasciare gli studi (sono iscritto alla facoltà di Scienza dell’Alimentazione).

C’è stata competitività tra voi due?

In senso buono, certamente. Nicola mi ha stimolato ma non abbiamo mai avuto modo di gareggiare l’uno contro l’altro perché abbiamo 5 anni di differenza e nelle categorie giovanili sono un divario enorme. Adesso, però, potrei anche riuscire a batterlo…

FULVIO, con due figli impegnati nelle gare avrete avuto un gran daffare come famiglia…

Naturalmente, ma lo fai volentieri perché tutti i genitori vogliono il meglio per i propri figli e siccome loro amavano pedalare, ci siamo organizzati. Certo, è stato un bell’impegno, fin da quando erano piccoli: a parte le poche gare valtellinesi del Circuito Assobike, ogni domenica (da febbraio a ottobre circa) eravamo in giro per Lombardia e Italia e capitava pure che i due fratelli fossero impegnati in competizioni in città diverse! Abbiamo comprato anche un furgoncino per poter trasportare meglio tutta l’attrezzatura.

Guardiamo il lato positivo: avrete avuto modo di stare molto assieme!

Sicuro, anche se a volte si intavolavano certe discussioni che duravano tutto il viaggio!

Ma fa parte del gioco – interviene ALESSIO – perché a qualsiasi età una gara è una gara; l’importante è l’impegno che ci si mette e questo vale sin da piccoli, anche se magari non si ottengono risultati.

Alessio, è “esploso” mediaticamente con il secondo posto ai Mondiali juniores 2019 di Harrogate (Inghilterra), una prova su strada di 147 km, però era già un corridore con un’interessante curriculum alle spalle. Infatti – ammette papà FULVIO – noi sapevamo che poteva fare un bel risultato, perché abbiamo seguito passo-passo la sua crescita; qui in Alta Valle, invece, quella medaglia l’ha portato all’attenzione di tutti e adesso è certamente più seguito nelle sue attività.

Il che, tuttavia, comporta anche una responsabilità maggiore sulle spalle; l’aspettativa delle persone, a volte, può essere distruttiva. Come la vivi, ALESSIO?

Cerco di fare quello che mi piace e di dare il meglio, anzitutto perché voglio essere un professionista e perché questo vorrei che diventasse il mio lavoro. Se poi capitassero momenti di crisi cercherò di superarli, come fanno tutti nella vita, magari prendendomi una piccola pausa. Ad esempio, ho vissuto un periodo di difficoltà dopo l’incidente del 2020 in allenamento sulla strada di Cancano: ho voluto riprendermi troppo presto, perché era tanta la voglia di andare in bicicletta che ho anticipato troppo i tempi, però il recupero non era stato completato appieno così alle prime gare ne ho un po’ risentito.

Come è organizzata la tua attività con il tuo team e quali obiettivi per la prossima stagione?

Abbiamo un allenatore che ci fornisce il programma di allenamento; ci sentiamo ogni giorno e stabiliamo cosa è meglio fare e su cosa lavorare. Per la stagione in partenza si vedrà insieme a tutta la squadra come impostare il lavoro e gli obiettivi, perché le variabili sono molte e il nostro stato di forma può variare durante i mesi. Non bisogna poi sottovalutare il rapporto con i compagni di squadra, che è fondamentale soprattutto nel professionismo (quest’anno nel gruppo U23 siamo in 16, il prossimo anno saremo circa 24/25 compagni di squadra!). Si tende sempre a pensare al ciclismo come a uno sport individuale, ma i risultati giungono grazie a un lavoro di squadra.

ALESSIO, cosa ti riserva l’immediato futuro?

Il prossimo anno passerò al professionismo, ho firmato un contratto per 2 anni con Bardiani, quindi ci sarà da impegnarsi sempre di più e sarà un’avventura che spero possa essere proficua. 

Un suggerimento per chi volesse allenarsi: quali salite prediligi in Alta Valle per i tuoi allenamenti?

Dipende dai gusti, a me piacciono molto le gare con un arrivo in una salita dura… per rendere l’idea, il mio percorso ideale di allenamento potrebbe essere simile alla salita di via Rovinaccia a Bormio… e poi mi piacciono anche gli arrivi in volata con un numero ristretto di corridori.

Il tuo lavoro ti impone tanto impegno, sacrifici e uno stile di vita molto controllato: mai nessuna Bormiade per te?

Ecco, forse questa è la cosa che invidio di più a mio padre e a mio fratello: aver vissuto l’esperienza dei mitici “Balordi’s” alle Bormiadi dev’essere qualcosa di unico!

 

Mai dire mai! Per le Bormiadi ci sarà ancora tempo. Intanto speriamo tutti di vederlo sfrecciare nel prossimo futuro al Giro d’Italia, magari sulle salite di casa nostra.

 

Anna

Foto: Fulvio Martinelli sulla salita Bormio-S. Pietro nel I trofeo Interclub 1988

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