FRAMMENTI DI STORIA. CAPPUCCETTO ROSSO E IL LUPO CATTIVO

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FRAMMENTI DI STORIA. CAPPUCCETTO ROSSO E IL LUPO CATTIVO

Sab, 27/03/2021 - 12:17
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Il mestiere dei 'pegorari tesini' dalle carte di un processo del Settecento

27 marzo 2021

Nei mestieri di una volta, che una visione romantico-moderna ha oggi ammantato di nostalgia, non era proprio tutto così poetico! I documenti ci raccontano di una vita grama, misera e soggetta a pericoli di ogni genere, soprattutto se aveva la ventura di essere femmine. Nell’archivio storico di Bormio si conservano centinaia di incartamenti processuali che riguardano fatti di violenza nei confronti delle donne, come quello riportato dall’autrice riferito al lontano 1749, quando un pastore bergamasco, che da varie stagioni custodiva greggi tesini sui monti dell’Alta Valle e che all’epoca dei fatti era stanziato a S. Colombano sopra Oga Valdisotto, tentò violenza contro la figlia di un mugnaio e venne per questo processato.

Interessanti, a parte la storia in sé, sono le piccole finestre aperte sugli usi e costumi dell’epoca, ad esempio la descrizione dell’abbigliamento usato dai pecorai, che – a quanto pare – avevano talvolta l’usanza di tenere i capelli lunghi e legarli a mo’ di treccia. Ma anche gli aspetti più grevi del loro mestiere: “la miseria del loro stipendio, la schiavitù che li assoggettava ai padroni camuni, la lunga solitudine dei mesi estivi, la fatica a vigilare che le bestie non finissero preda di orsi e lupi”… e non è da escludere che la meschina condizione di quest’uomo, alla fin fine, abbia sortito qualche barlume di compassione nei giudici, dal momento che la pena – nonostante la piena confessione – fu ridotta addirittura di ¾, mentre la povera assalita – evidentemente – non suscitò altrettanta commiserazione.

 

Anna

D. VALZER, Il maschio-lupo e Cappuccetto Rosso, Bollettino n. 21/2018

D. VALZER, Pegorari tesini: migranti al ritmo della transumanza in “Valtellina terra di migranti”, a cura di L. Schena e L. Dei Cas, collana Giornate Bormiesi di Cardiologia, 2019.

Foto: Ilario Silvestri