DON REMO BRACCHI È ANCORA TRA NOI

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DON REMO BRACCHI È ANCORA TRA NOI

Mar, 05/05/2020 - 17:22
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A un anno dalla scomparsa, il suo lascito ci invita a proseguire sulla via della ricerca

4 maggio 2020

Era il 5 maggio 2019 quando venne a mancare don Remo Bracchi e per chiunque l’abbia conosciuto – poco o tanto – è una mancanza che si è fatta sentire. Don Remo sapeva entrare nel cuore delle persone con quel misto di semplicità fanciullesca e di profonda erudizione che faceva restare appagati nell’ascoltarlo e un po’ stupiti che tali doti si fondessero così affabilmente in una stessa persona. Gli studi e la professione lo portarono lontano da casa e dalla sua valle, ma trovò il modo di tenersele vicine attraverso forme letterarie diverse che costituiscono oggi un’eredità fenomenale per mole, per contenuti, per autorevolezza: poesia, storia, dialetto, glottologia, racconti, conferenze, toponomastica, filosofia, etnografia… sospinto da una curiosità intelligente e da una ricerca appassionata, affiancava il suo ministero agli studi così da diventare ben presto un riferimento imprescindibile per chiunque. Ancora oggi ci stupiamo nello sfogliare il Bollettino del Centro Studi Storici Alta Valtellina senza trovare il suo voluminoso articolo, che normalmente apriva la serie dei contributi storici, o ci rammarichiamo di non trovare risposte ai nostri piccoli quesiti, malgrado la mole di scritti lasciatici. Don Remo era la bussola che ci orientava nel mare magnum della storia, il pungolo che ci sospingeva amabilmente a una nuova ricerca, lo scrittore che si profondeva in spiegazioni. Ma soprattutto era la spiga di frumento che, maturata, lasciava cadere i suoi chicchi affinché diventassero pane.

Domattina 5 maggio, giorno della dipartita del caro don Remo, alle ore 8.30 don Alessandro officerà una messa in sua memoria.

 

Anna

AL BÜSK DE PÀIA” (Il filo di paglia) è la poesia scritta da don Remo il 12 marzo 1989 e pubblicata su “Il Corriere della Valtellina” in data 8 settembre 1989:

Signùr, che spunti cu ‘l mè vért nuèl

cùme ‘n fil de furmént,

e pòrti an de la scìma al tò ruscèl

me piéghi a la caréza del tò vént.

Làga che crési sul tò sulk, an riga,

che marüdi i mé gran,

che pödi fat regàl de la mia spiga

e che la sia masnàda an de ‘l tò pan.

Quàndu al mè fil al sarà d’òr lügént,

quàndu al sarà batü,

làghel brügià sùra al tò cöer föghént,

che niént de la mia pàia al rèsti pü!

Làga che gùli a ti ‘n de ‘na falìva

de ‘l mè fil consümà,

che pòrti al fök de la tua fiàma viva,

per fa grignà de cuntentéza al Pà.

 

Lascia, o Signore, che io germogli col mio verde novello,

come un filo di frumento,

e porti sull’apice la tua rugiada,

mi pieghi docile alla carezza del tuo spirare.

Lascia che cresca sul tuo solco, allineato con gli altri steli,

che possa maturare i miei chicchi

e ti faccia dono della mia spiga piena,

perché Tu la macini nel tuo pane.

e, quando il mio colmo avrà assunto il colore dell’oro,

quando sarà stato trebbiato dalla vita,

lascia che la sua paglia bruci sul tuo cuore,

perché di essa non resti più nulla.

Permettimi allora di volare a Te come una favilla,

ardente del tuo amore vivo,

per far sorridere di compiacenza il volto del Padre.

 

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