INTERVISTA AL MIO CAMPIONE: MICHELE ANTONIOLI
22 gennaio 2020
Nell’ambito di un concorso promosso qualche anno fa dalla Bormio Ghiaccio in occasione del circuito internazionale di short track denominato “Star Class”, cinque classi dell’IC “Martino Anzi” hanno intervistato alcuni protagonisti del pattinaggio di velocità, ai quali hanno sottoposto le loro domande e le loro curiosità. Ne sono nati cinque piacevoli incontri “vis-a-vis”, che i piccoli giornalisti hanno poi rielaborato in veri e propri articoli: li vogliamo riproporre di volta in volta, un po’ perchè si tratta di un lavoro meritevole da parte loro, un po’ perchè contengono richiami sempre validi sul ruodo educativo dello sport, anche quello vissuto a livello agonistico, senza dimenticare che tra poche settimane Bormio ospiterà una manifestazione mondiale quali i “Campionati del mondo junior di pattinaggio di velocità” (www.facebook.com/bormio2020) che ben riassumono la vocazione turistico-sportiva del nostro comprensorio. La lezione che ci hanno lasciato è: “non importa quale sia il tuo sport, l’importante è che impari ad amarlo” e – naturalmente – praticarlo con il massimo dell’impegno!
Anna
Istituto Comprensivo “M. Anzi”- Bormio – Sede di Bormio. Classe Seconda A
LO SPORT: UNA SCUOLA DI VITA
La classe 2^A della Scuola Secondaria di Primo Grado di Bormio ha intervistato Michele Antonioli, grande atleta cresciuto tra le fila della Bormio Ghiaccio, ora allenatore.
Quando e in che modo ti sei avvicinato a questo sport? Come è nata la tua passione?
Da bambino, all’età di quattro o cinque anni, abitavo poco distante dall’oratorio dove c’era un campo di pattinaggio, gestito anche da mio padre. Mi piaceva semplicemente condividere dei momenti spensierati con gli amici; l’avvicinamento allo short track è stato graduale.
A cosa hai dovuto rinunciare per dedicarti con costanza e impegno a questo sport?
Non ho rinunciato a nulla in particolare, solo a volte alla possibilità di passare dei week end con gli amici, a causa di trasferte o gare, o a dedicarmi ad altri sport per mancanza di tempo o per il pericolo di eventuali infortuni; quando però c’è passione in ciò che si fa, quel che si ha è certamente più di quello a cui si deve rinunciare.
Hai mai pensato di abbandonare per l’eccessivo carico di impegni?
No, ho trovato il modo di organizzare al meglio il tempo per poter far convivere impegni scolastici e sportivi.
E’ stato importante condividere difficoltà e successi con i tuoi compagni di squadra?
Sicuramente, soprattutto quando si stringono delle amicizie è importante condividere e supportarsi a vicenda; spesso le difficoltà diventano uno stimolo per migliorarsi e anche l’amicizia ne esce rafforzata. Lo sport e la vita sono spesso molto simili tra loro nel permettere una crescita personale.
Nella tua carriera di atleta hai partecipato a competizioni europee, mondiali e anche a due Olimpiadi, avresti mai pensato di raggiungere questi livelli?
Sinceramente no, quando si è giovani si vive il presente senza guardare troppo lontano; pensavo a dare il massimo e a fare della mia passione un divertimento.
Cosa credi sia importante fare per prepararsi ad una competizione e per dare sempre il massimo?
Impegnarsi, credere fermamente in ciò che si fa, ma nello stesso tempo allenarsi sempre con il sorriso.
Hai mai subito una scorrettezza in gara? Come ti sei sentito?
Nello short track si pattina molto vicini ed è facile il contatto; capita che i giudici che osservano sbaglino e ci si sente penalizzati ingiustamente. Questo può succedere anche nella vita di tutti i giorni, è importante però trasformare la delusione in energia positiva per riscattarsi. Un’altra cosa che lo sport insegna è proprio l’importanza di accettare e rispettare le regole del gioco.
Hai incontrato qualcuno che ha messo il proprio successo personale davanti al rispetto delle regole?
Non direi, le regole vengono fatte rispettare; forse ad alti livelli l’ambizione cresce e l’essere molto focalizzati sull’obiettivo da raggiungere può portare a perdere di vista la realtà; negli sport considerati “minori” è meno facile che ciò accada: lo sport non è tutta la tua vita, ma solo una parte, è come vivere più vite in una sola.
Che significato dai alla parola “Lealtà”?
La lealtà e la cosa più importante, in ogni campo. Il doping è una forma di slealtà che è sempre più difficile da combattere; per sradicarla oltre alla linea dura è importante creare nei giovani una cultura sportiva. L’essere leali permette anche di assaporare fino in fondo le vittorie.
Ricordi le emozioni della tua prima gara? Quelle dell’ultima?
Non ricordo se fosse proprio la prima gara, comunque tra le prime: feci due partenze false e venni squalificato…Ero arrabbiatissimo! Ricordo ancora il volto di quel giudice! La mia ultima “sfida” è stata durante i Campionati Italiani di Torino: ero dispiaciuto, sapevo che mi sarebbe mancata l’emozione di entrare in pista. In seguito ho cominciato a praticare altri sport anche per rivivere quelle stesse sensazioni.
Un episodio, della tua vita da atleta, che resterà per sempre impresso nella tua memoria?
Sicuramente la medaglia vinta alle Olimpiadi, ma forse ancor di più la partecipazione ai mondiali del 1996: la squadra delle donne aveva gareggiato ottenendo, nella staffetta, il record del mondo, lo stesso fece poco dopo quella maschile di cui io facevo parte.
Se potessi cambiare qualcosa del tuo passato da sportivo, cosa cambieresti?
Mi piacerebbe fare prima l’allenatore e poi l’atleta: vivere al contrario, unire energia ed esperienza. Sarei anche più attento alla mia alimentazione, che non sempre era equilibrata.
Quali valori ed insegnamenti del mondo dello sport hai portato avanti anche nella vita?
Lealtà, impegno, capacità di far parte di un gruppo e di organizzare al meglio il proprio tempo.
Sono gli stessi insegnamenti che cerchi di trasmettere ai tuoi allievi?
Sì. Da allenatore si apprezzano sicuramente i miglioramenti, ma quel che più fa piacere è vedere i ragazzi contenti di quel che fanno e di stare insieme.
Cosa ti ha spinto a fare l’allenatore?
Quando ancora pattinavo, ero incuriosito e affascinato da quest’attività; poi è diventato un modo per restituire ciò che mi era stato dato, per non disperdere gli insegnamenti e trasmetterli ai più giovani.
Riconosci qualcosa di te nei “tuoi” ragazzi?
Quando osservo da bordo pista, il cuore mi batte più di quando avevo io i pattini ai piedi. Non sempre è facile insegnare e trasmettere ciò che vorresti; rivedo nei miei allievi il mio stesso impegno, la costanza, la passione.
Perché consiglieresti ai giovani di avvicinarsi a questo sport?
Ai ragazzi direi di avvicinarsi a qualsiasi tipo di sport! Lo short track in particolare è divertente, emozionante, spettacolare; hai la percezione della velocità, senti l’aria che ti accarezza il viso e ti porta ad accelerare sempre di più… Inoltre si ha la possibilità di viaggiare molto, in Europa e nel Mondo, di conoscere nuove persone e stringere amicizie che possono diventare durature, di scoprire luoghi e tradizioni a volte molto lontane da noi.
Tra i tanti luoghi che hai avuto modo di conoscere, quale ti ha più affascinato?
Quando ero più giovane preferivo quelli che avevano una cultura occidentale, più simile alla nostra; crescendo ho invece subìto il fascino dell’Oriente. In Giappone in particolare era sorprendente il contrasto tra la modernità, il rumore e il silenzio che regnava nei templi; progresso e tradizioni convivono perfettamente. La diversità è sempre una ricchezza, però anche tornare a casa, ritrovare le proprie radici era sempre una grande emozione.
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