Lo scialpinismo e la Valtellina: serve unità d'intenti al di là dell'assegnazione olimpica
All'indomani della scelta di Bormio come sede di gara olimpica per lo scialpinismo si sono levate molte voci di protesta all’indirizzo del CIO e persino degli stessi bormini, rei di aver “arraffato” qualcosa che – secondo una convinzione diffusa – sarebbe spettato ad altri per tradizione, vocazione, storia e quant’altro. Queste proteste, tuttavia, si prestano ad alcune minime considerazioni perché è vero che Albosaggia e il comprensorio Sondrio-Valmalenco avrebbero al pari meritato questa designazione (come, del resto, altre località della Valtellina), ma forse stavolta ha prevalso la ragionevolezza rispetto alle scelte “politiche”. Si sparla sempre della facilità con cui i soldi pubblici vengono sperperati ai quattro venti e si auspica sempre una maggiore accortezza verso il bene pubblico, e ora che il CIO fa una scelta proprio in questa direzione, si vorrebbe stravolgerla e aggiungere un’ulteriore sede di gara alle altre già esistenti (Bormio, Livigno, Baselga di Pinè, Anterselva, Tesero, Cortina più le cerimonie di Verona e Milano…). A me pare una decisione ragionevole tenere una stessa sede senza incrementare i costi per la logistica e quant'altro.
In certe comunicazioni apparse pubblicamente, inoltre, vi vedo un disappunto “di pancia” anche da parte di coloro che, per il ruolo che rivestono, dovrebbero tenere in grandissima considerazione gli effetti delle loro esternazioni; quante sacrosante battaglie si sono arenate proprio perché portate avanti con l’attitudine sbagliata o con dichiarazioni poco calibrate! Nell’attuale situazione, già di per sé difficile per tanti altri motivi, ciò non fa altro che infiammare le teste calde e avvelenare un clima che necessiterebbe di tutta la collaborazione possibile, se è vero che vogliamo competere, come brand Valtellina, allo stesso livello delle tanto decantate località di Trentino, Veneto e Alto Adige.
Un’ulteriore considerazione andrebbe fatta sullo scialpinismo inteso come attività “slow” e spesso contrapposta a quella dei grossi centri sciistici; è vero che lo scialpinista percorre paesaggi il più delle volte incontaminati, lontano dagli impianti, dalle folle e dal rumore. Ma la disciplina che sarà sotto i riflettori olimpici ha ben poco a che vedere con questa visione “fiabesca” perché le olimpiadi sono un grande, grandissimo evento, sicuramente poco slow e con un grande impatto a tutti i livelli (traffico, caos, media e TV, inquinamento acustico, ecc..).
Lo scialpinismo è un movimento trasversale che tocca tutto l’arco alpino e che si può vivere in molti modi diversi. Sarebbe ora di smetterla nel rivaleggiare per stabilire chi detenga più meriti, nei numeri e nella storia: ogni valle potrebbe raccontare le gesta dei suoi conterranei e delle sue associazioni, dei suoi campioni di ieri o di oggi. Ciò di cui adesso c’è bisogno è solo di lavorare tutti nella stessa direzione, che è quella della promozione di una disciplina che in Valtellina ha trovato terreno fertile e potrà ancora aprire grandi opportunità per chi sappia coglierle, proprio come ha saputo fare a suo tempo Albosaggia, che dopo l’esperienza impiantistica degli anni ’70-’80 (ebbene sì, anche Albosaggia ha avuto il suo impianto da sci in montagna!) ha sposato, con grande successo e con grande merito, lo scialpinismo.
Anna
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