LI FLAMA DI S. LORENZO A OGA ATTRAVERSO I TEMPI

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LI FLAMA DI S. LORENZO A OGA ATTRAVERSO I TEMPI

Mer, 10/08/2022 - 19:35
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Flama

Il rito dei falò risale agli albori della primitività: fuoco propiziatorio, fuoco purificatore, fuoco divinatorio... qualunque fosse l'interpretazione, è certo che in tutto l'arco alpino le comunità rurali - tra i vari rituali che si tramandavano di generazione in generazione - si affidassero anche a quello di innalzare pire fiammanti all'aperto. A Oga tale tradizione è si è perpetrata nel tempo e nei secoli, pur modificandosi profondamente nel suo significato e ancora oggi, accanto ai veterani della manifestazione, sono i ragazzi della Gioventù che proseguono nell’impegno di tenere accesa la fiamma di Tadè, quella che da tempo immemore è loro assegnata perché la più evocativa e carica di significato.

Tadè, scenografico balcone naturale dove il colpo d’occhio spazia su tutte le valli, è collocata a 1900 mt di quota e – normalmente – è la pira più grande, più intensa e più duratura; la tradizione vuole che i ragazzi appartenenti alla Gioventù abbiano la responsabilità di questa “flama”, dalla ricerca di legna all’accatastamento, dall’accensione alla veglia notturna. In tempi non tanto remoti, era una prerogativa cui nessun altro era ammesso e ci si guardava bene dall’aggirare tale divieto! Era anche l’occasione per dimostrare il raggiungimento della maggiore età. Per questo i minorenni non erano ammessi e da par loro, apprendevano il mestiere di realizzare il falò in località Li Olta, a metà strada tra il Forte di Oga e Tadè in posizione più bassa, in attesa del tempo in cui – anch’essi maggiorenni – avrebbero avuto diritto ad accedere alla fiamma di Tadè.

Oggi la radura di Tadè dove si accende il falò è diventata per la Gioventù un ritrovo aperto anche agli amici, con sottofondo di musica e stuzzichini all’aperto. Ma la responsabilizzazione che comporta questa accensione, trascina con sé elementi che affondano le radici in riti ancestrali di passaggio, di crescita, di formazione.

Il fatto che questi riti, che nella maggior parte delle comunità alpine si sono persi, si siano mantenuti vivi in una minuscola frazione come Oga è sicuramente eccezionale e spiegabile, almeno in parte, con la perifericità del paese (e quindi impermeabile a influenze esterne) e la cristianizzazione di culti pagani (i falò pagani confluiti nel culto di S. Lorenzo, che fu martirizzato proprio sulla graticola); ma ciò che più di tutto potrebbe aver fatto la differenza è il fortissimo senso di identità che questa tradizione ha rispecchiato per gli ogolini. L’incognita, semmai, è capire se questa identificazione che si è trasmessa per millenni, riuscirà a conservarsi anche in futuro al di là della semplice spinta turistica.

Per chi volesse approfondire gli aspetti antropologici e leggendari intorno al fuoco: "Fuochi, fucine, incendi e roghi portatori di memoria nell'Alta Valle", edizioni CSSAV 2018

 

 

 

Anna

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