LA RANDONNÉE DI ‘PAGNO’

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LA RANDONNÉE DI ‘PAGNO’

Gio, 02/08/2018 - 17:28
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Stefano Pagnini (US Bormiese) racconta la sua prima esperienza di 'randagio' con Alpi 4000

A conclusione dell’evento “Alpi 4000” abbiamo sentito dalla voce di un partecipante le sensazioni provate durante i 7 giorni di pedalata attraverso le Alpi. Non una pedalata qualsiasi, bensì un Grand Tour che ha portato i ciclisti a scalare 9 passi alpini e percorrere 1500 km in solitaria tra Italia, Svizzera e Francia, con Bormio come punto di partenza e arrivo. Stefano “Pagno” Pagnini, tesserato per il settore Ciclismo dell’US Bormiese, è uno atleta a tutto tondo, che attraverso l’attività sportiva ha ricostruito se stesso e ha rimodellato il suo modo di vivere; partendo da una brutta polmonite, che una decina d’anni fa l’aveva lasciato senza forze e senza respiro, Stefano ha iniziato a dedicarsi (e tuttora si dedica) a diverse discipline, che l’hanno portato ogni volta spingersi un poco più in là, fino a decidere di partecipare per la prima volta alla randonnée “Alpi 4000”.

Domanda obbligatoria: ma come diavolo ti è venuto in mente di fare “Alpi 4000”?

In effetti ero un po’ spaventato anch’io, perché a parte le solite gare non mi ero mai cimentato in un’impresa del genere…e poi non avevo tanti chilometri sulle gambe e questo mi preoccupava parecchio. Però mi sono detto: “tutt’al più mi ritiro”.

E invece di ritirarti sei arrivato fino in fondo, e nemmeno troppo provato!

Beh, non è che non abbia fatto fatica, tutt’altro! Ho avuto dei momenti di crisi durante il percorso, ma ho avuto la fortuna di trovare un compagno di viaggio che è diventato come un fratello per me: ci siamo sostenuti a vicenda…grazie Filippo!

Quindi non hai viaggiato da solo, come un vero “randagio”?

Sono partito da solo, ma nelle prime tappe io e Filippo ci siamo sempre ritrovati e poiché avevamo lo stesso ritmo di pedalata è stato naturale per noi scegliere di viaggiare insieme. Ad ogni modo, quando sei in sella a pedalare, sei solo tu – con la tua testa – che decidi di andare avanti…

Hai detto di aver avuto dei momenti di crisi…

Sì, perché a volte la testa ti tradisce, ma soprattutto una volta ho commesso l’errore di viaggiare al di sopra delle mie possibilità. Il fatto è che avevo davanti una bici “da crono” e ho deciso di prendere la sua scia, ma non mi sono reso conto che per me era un ritmo troppo sostenuto e così – a circa 6 km da Laveno – sono letteralmente scoppiato! Ho pensato di fermarmi, poi al momento di prendere il traghetto mi sono ritrovato con un bel gruppo di compagni e mi sono un po’ rinfrancato, così ho superato il momento critico.

In questi casi, conta avere l’appoggio di un compagno

Eccome! Con Filippo, poi, abbiamo adottato delle tecniche particolari per tenerci su il morale: ad esempio abbiamo pensato ad alcune parole-chiave con cui comunicarci i nostri stati d’animo o altri termini che fossero in grado di convincerci a non mollare! Ci dicevamo l’un l’altro: “un vero randagio è incrollabile”, “un vero randonnée è indistruttibile” e così via. Adesso mi viene da sorridere, ma in quei momenti ha funzionato!

Altri escamotages?

La telefonata ai figli! Alla sera, ogni tanto, chiamavo i miei figli e il contatto con loro, sentire la loro voce, mi dava forza per proseguire e arrivare alla fine. Sono stati un grande aiuto per me.

Nelle randonnée ognuno segue il percorso in modo autonomo, costruendosi le tappe di volta in volta. Tu come l’hai vissuta?

Per me è stato qualcosa di unico e indimenticabile! Ho potuto pedalare in completa libertà, senza assilli né problemi, perché era già tutto organizzato e non dovevo far altro che andare. L’organizzazione è stata perfetta e l’ho vissuta proprio come una vacanza totale.

Una vacanza totale?!? Perdonami, ma il concetto di “vacanza” in questo caso suona un po’ strano…

Bisogna cambiare il punto di vista: voi vedete solo gente stanchissima che dorme per terra, con gli occhi gonfi, fradicia di pioggia e freddo, in condizioni poco presentabili…ma per noi si tratta di fare qualcosa di estremamente piacevole – come ho detto sopra, pedalare in completa libertà – e se lo si fa in modo non sfrenato, tutto questo diventa impagabile! Perché io ho potuto godermi dei panorami irripetibili, ho vissuto ogni alba e tramonto di questi sette giorni, ho respirato con il ritmo della natura, ero completamente immerso nell’ambiente circostante. Ho assaporato i profumi, ho ascoltato i rumori, ho percepito tutto ciò che mi circondava come se ne fossi stato parte integrante…una sensazione straordinaria!

Però, insomma, la fatica c’è stata!

Sì certo, non è stata una passeggiata. Sul Moncenisio è stata dura scollinare per la variante, con 7 km alla pendenza media del 13%…proprio lì, poi, abbiamo incrociato Gualtiero “Wally” Rossano (mica uno qualunque, uno dei membri della nazionale italiana randonneur) e abbiamo scoperto che la variante l’aveva “pensata” lui…immaginatevi la scena!! Ad ogni modo, sono convinto che la fatica che si fa durante un’attività sportiva deve essere “bella”, cioè deve essere sostenibile, adeguata e non esagerata. È una fatica che non deve annullarti, ma ti deve consentire di godere di quello che fai, in questo caso goderti il viaggio lungo le Alpi.

Quindi consiglieresti un’esperienza del genere ad altri sportivi?

Assolutamente. Non pensiate che queste randonnée siano solo per grandi sportivi; ci sono quelli che arrivano in 78 ore, ma la maggior parte lo fa per puro diletto (pensate all’ucraino che fa le randonnée con la Graziella, o al signor Aniceto, classe 1946); l’importante è che ognuno pedali con il proprio ritmo, adattando i tempi con le esigenze del suo corpo. Io, ad esempio, in certe tappe ho fatto meno chilometri del previsto perché avevo bisogno di riposare un po’ di più, ma poi ho raggiunto quelli che erano partiti prima di me perché ero meno stanco di loro.

Ad ascoltarlo, quasi quasi, verrebbe davvero voglia di provare!

Anna

Foto di copertina: Michele Antonioli