“si superi la tassa sulla salute e si torni al tavolo interministeriale per affrontare i veri problemi del lavoro di frontiera”
Milano/Roma/Bellinzona/Coira/Briga
22 aprile 2025
Ad oltre un anno e mezzo dall’entrata in vigore della famigerata tassa sulla salute
posta a carico dei “vecchi” frontalieri italiani in Svizzera, le Regioni di confine italosvizzero
non hanno proceduto alla definizione delle modalità attuative che ne
possano consentire l’applicazione.
Le ragioni sono a noi chiare fin dalla prima ora: il nuovo ingiustificato balzello
reintroduce la doppia tassazione ai frontalieri che in virtù della clausola di salvaguardia
devono continuare ad essere imposti fiscalmente solo in Svizzera (generando poi gettito
attraverso i ristorni fiscali), una circostanza che conferma gli indizi di incostituzionalità
della legge che siamo determinati a verificare alla prima eventuale applicazione; il reddito
imponibile per applicare l’imposta non è disponibile e la Confederazione Elvetica,
correttamente, non ha ceduto alle numerose, irrituali richieste italiane dei mesi scorsi di
violare il trattato (che prevede lo scambio d’informazioni solo per i “nuovi” frontalieri); la
dimensione del prelievo fiscale non può rappresentare, per dimensioni e modalità, un
deterrente a migrare in Svizzera per il personale sanitario italiano.
Nelle scorse ore, i nostri dubbi sono diventati patrimonio comune anche di
parti consistenti della politica regionale: alla contrarietà espressa dal Piemonte, alla silenzio
emblematico di Valle D’Aosta ed Alto Adige, si sono recentemente aggiunte una serie di
distinguo anche nella maggioranza che governa Regione Lombardia: il termine tassa ha
progressivamente sostituito nel dibattito l’artificio di contributo e, conseguentemente, da
più parti si invoca la verifica di legittimità del provvedimento attraverso la predisposizione
e presentazione di mozioni nei Consigli Regionali della Lombardia e del Piemonte, tanto
dai partiti di maggioranza quanto da quelli di opposizione, evidenziando come i ventuno
mesi di mancata applicazione del provvedimento non riguardino solo l’iter fisiologico di
adozione, ma attengano con tutta evidenza alla natura stessa del provvedimento.
Le scriventi OO.SS., nel ribadire la netta contrarietà al provvedimento per le ragioni
ampiamente dette, rilevano come la partecipazione dei frontalieri alla fiscalità
generale italiana rimasti nel vecchio regime fiscale si determini attraverso i ristorni fiscali
del 40% delle tasse pagate alla fonte. Ricordano che nella misura del 50%, queste risorse
vanno a copertura della spesa corrente dei Comuni (spese di funzionamento e servizi),
valore incrementato proprio grazie all’accordo tra OO.SS., ACIF e MEF del 2020 che ha
messo in sicurezza quelle comunità. Evidenziano come le ulteriori risorse del 50%
destinate alle spese per investimento, siano da tempo oggetto di un vero e proprio assalto
“alla diligenza” attribuendo destinazione d’uso “al bisogno”, come accaduto nella scrittura
della finanziaria 2025 attraverso provvedimenti di dubbia applicabilità. Al contrario, proprio in quell’ambito, una riformulazione delle destinazioni d’uso può contribuire ad
individuare risorse utili a finanziare il sistema sanitario senza introdurre elementi di dubbia
legittimità costituzionale.
Le scriventi OO.SS. ritengono inoltre che a seguito della convocazione della prima
seduta del tavolo interministeriale del 24 febbraio U.S. (ai sensi della legge 83/23), si possa
proseguire con la definizione del regolamento di funzionamento dello stesso, necessario
per poter procedere con la fase operativa che sollecitiamo, nel quale poter finalmente
aprire, a quasi due anni dall’entrata in vigore della legge, le discussioni sullo Statuto dei
lavoratori, sulla corretta esigibilità dell’AUUF, sulla definizione delle modalità attuative
della nuova NASPI, sull’estensione delle retribuzioni convenzionali come stabilito
nell’intesa di luglio 2024 con il MEF.
Per il comparto frontalieri
CGIL
CISL
UIL
UNIA
OCST
SYNA
VPOD
SYNDICOM
- 1 vista