FRAMMENTI DI STORIA. LE TRACCE DEGLI ANIMALI SELVATICI NELLA LINGUA LOCALE
L’indimenticato don Remo Bracchi ci conduce sulle tracce di alcuni animali che un tempo abitavano numerosi i boschi e, oltre ad essere preda dei cacciatori, per la loro selvatichezza diventavano oggetto di credenze che gli attribuivano poteri sovrannaturali e quasi sempre distruttivi. Orso, lupo, volpe, faina, lepre hanno convissuto per secoli con gli uomini, nel bene e nel male, e la loro interferenza con le attività quotidiane fece sì che entrassero nell’immaginario comune e fossero addirittura oggetto di specifici provvedimenti delle autorità locali.
Anche dal punto di vista linguistico, rimangono chiare testimonianze della loro presenza o dei loro attributi: ad esempio, sono centinaia i toponimi o gli appellativi di persona che rimandano alla presenza dell’orso e perfino il cognome del celebre pittore Valorsa (“il Raffaello della Valtellina”) può essere ricondotto a “Valle dell’orsa”. Meno diffuso, ma non meno inquietante, l’uso di toponimi e appellativi legati al lupo, il quale – tuttavia – sconta il legame indissolubile e malefico con le superstizioni stregonesche e, in tempi più recenti, è connotato soprattutto nell’accezione di “ingordo” e come tale assurto per identificare le persone considerate arraffone (e, per esteso, quei maggiorenti che in passato avevano la tendenza a sopraffare i vicini nelle assemblee generali). Ma anche la lepre era considerata un animale temibile perchè in grado di interferire con la salute umana e di comandare gli spiriti cattivi.
Nell’articolo sono presenti ancora tante altre curiosità, che consentono di spiegare anche molti modi di dire o proverbi di cui oggi, probabilmente, ci serviamo senza conoscerne l’origine. Ad esempio, il detto “ciapà la légur” nel significato di “cadere”, ampiamente diffuso in molti dialetti, deriva dalla credenza che incrociare una lepre per strada sia foriero di sfortuna.
Anna
R. BRACCHI, Orme smarrite sui monti, Bollettino 17/2014
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