LA VALTELLINA E LA QUESTIONE IDROELETTRICA
Da parecchi mesi ormai ha preso vita e avviato la sua attività il “Comitato di Coordinamento per il Grande Idroelettrico dell’Arco Alpino” (spesso abbreviato in “Coordinamento Grande Idroelettrico”) ove sono confluite le associazioni, come quella afferente alla Valtellina, che singolarmente, sui loro territori, stanno portando avanti da decenni iniziative di sensibilizzazione e lotta sui complessi temi delle derivazioni idroelettriche, delle concessioni di sfruttamento, dei bacini di raccolta, delle linee di superficie da dismettere o interrare, dei tralicci inutilizzati e quant’altro possa riguardare il complesso argomento dello sfruttamento idrico nelle vallate alpine. L’istituzione del Coordinamento vuol provare a dare maggiore incisione alle rivendicazioni dei vari territori montani, sottoposti alle medesime problematiche correlate al mondo dell’energia idroelettrica; l’azione congiunta viene così ad assumere una valenza assai più pregnante a livello nazionale, anche se troppo spesso i risultati mancano per precise volontà politiche.
Dopo essere stati auditi da 2 commissioni del Senato – dichiara Enzo Roppolo, esponente del Coordinamento – nelle scorse settimane abbiamo avuto il primo incontro con esponenti del Ministero della Transizione Ecologica. Si è quindi iniziato positivamente un percorso durante il quale contiamo di portare la voce di territori che hanno immediata necessità di effettuare le transizioni ecologica ed energetica, dato che l’impatto dei cambiamenti climatici è sempre maggiore con il crescere della quota.
L’argomento tocca la Valtellina in modo particolarmente pungente: l’arco alpino produce più dell’80% dell’energia idroelettrica (che è la prima fonte rinnovabile del paese) e delle 532 grandi dighe esistenti in Italia, ben 77 sono collocate in Lombardia, che è la regione che conta il loro numero più alto. La Valtellina, nello specifico, ha sul suo territorio 25 piccole dighe + 27 grandi dighe e contribuisce al 12% dell’energia nazionale idroelettrica prodotta e al 50% di quella lombarda. Qualche altro dato che riguarda la Valtellina: 310 sono le opere di captazione, 71 gli impianti di produzione, 500 km di condotte e canali, 510 milioni di mc di capacità di invaso (dati UTR e Ministero delle Infrastrutture).
Si può ben capire, dunque, l’enormità della posta in gioco attorno a questi bacini artificiali, sui quali è in atto una guerra a cui nessuno sembra in grado di porre fine. Ne accenna la giornalista Milena Gabanelli in un’inchiesta recente per la rubrica “Dataroom” de «Il Corriere della Sera», in cui l’affaire idroelettrico lascia aperti molti interrogativi che a noi valtellinesi dovrebbero interessare, quanto meno perché certe partite si giocano proprio in casa nostra.
Nel 1999 (D. Lgs. 16/03/1999, n. 79 in recepimento della direttiva europea 96/92/CE) fu stabilito che il rinnovo delle concessioni man mano scadute si sarebbe dovuto svolgere tramite gare pubbliche; ciò sarebbe servito a riscrivere le regole di gestione e di utilizzo della risorsa idrica, nell’ottica di una maggiore attenzione all’ambiente, alla sicurezza, alla razionalizzazione delle linee, alle compensazioni per le comunità locali, alle limitazioni da porre contro uno sfruttamento dissennato, all’adeguamento dei canoni… Negli ultimi 20 anni, tuttavia, l’idroelettrico è stato gestito in regime di continua proroga delle concessioni preesistenti, in palese violazione di quanto stabilito dalla legge (e infatti presso l’Unione Europea si stanno valutando procedure sanzionatorie per un ammontare di miliardi di euro). Di fatto, si procede ancora senza alcuna gara pubblica.
In questa sorta di “anarchia” si registrano auto-riduzioni dei canoni demaniali da parte degli stessi concessionari e spesso una minore disponibilità economica ad investire, laddove – al contrario – molte dighe necessiterebbero di costante manutenzione sia perché la loro struttura di calcestruzzo è datata, sia perché l’ambiente circostante è cambiato. La videodiretta del giornalista Domenico Affinito del Corriere della Sera è illuminante: “L’idroelettrico deve fare i conti con un mondo che si è completamente modificato – commentano gli ospiti collegati – perché la montagna oggi è ormai abbandonata; bisogna assolutamente cambiare paradigma, ripartire dal concetto di prevenzione e investire i proventi dell’idroelettrico sulla manutenzione del territorio”.
Il rinnovo delle concessioni sarebbe dovuto servire anche a questo: perfezionare gli studi idrogeologici sui versanti, perché il dissesto idrogeologico è un problema che colpisce duramente ed è frutto non solo dei cambiamenti climatici, ma soprattutto di come è cambiato il rapporto tra uomo e territorio. Non scordiamoci che la Valtellina ha una delle più alte concentrazioni di invasi sul suo territorio, è nel suo interesse che queste siano ben tenute!!
Ci sono poi altre questioni in sospeso, legate alla riduzione occupazionale, agli espropri, alle fasce di sicurezza, al mancato utilizzo di territorio che viene, di fatto, precluso e – non da ultimo – al devastante impatto ambientale che lo sfruttamento idroelettrico si porta dietro. A tale proposito, è rimasta lettera morta un altro accordo di programma che era stato stretto a livello nazionale per consentire il passaggio sulla Valtellina di un potente elettrodotto che collega la Svizzera con la Pianura Padana e si interconnette con la rete europea: l’accordo prevedeva, in cambio, la razionalizzazione dei tralicci esistenti, molti dei quali nemmeno più operativi. Ebbene, i lavori per l’elettrodotto sono stati fatti in tempo di record nel 2005, quelli per la razionalizzazione ancora li attendiamo!
Anna
Per approfondimenti:
Inchiesta di Milena Gabanelli: www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli
Videodiretta Dataroom: https://fb.watch/5iyj_KNy5_/
Pagina dedicata: https://www.facebook.com/Idroelettrico-sostenibile-e-trasparente-104689141702214/?ref=page_internal
Seminario dedicato UTR: www.regione.lombardia.it/wps/
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