LA MIĞIONDÀRA: a Migiondo si rinnova la magia dell’autunno

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LA MIĞIONDÀRA: a Migiondo si rinnova la magia dell’autunno

Gio, 16/10/2025 - 18:29
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Domenica 12 ottobre la frazione di Sondalo ha vissuto una giornata speciale con la quinta edizione de “La Miğiondàra – Castagne e bontà d’autunno”, evento che anche quest’anno si è intrecciato con il Trekking in rosa, in segno di sostegno al mese della prevenzione. Un appuntamento che, anno dopo anno, continua a crescere in popolarità diventando uno degli appuntamenti più attesi in Valtellina per le feste d’autunno. Lo testimoniano i numeri di quest’anno, con i 500 BontàPass previsti, tutti venduti, e oltre 1.000 le persone accorse alla festa, che hanno scelto di vivere l’atmosfera autentica del borgo rurale di Migiondo. A raccontare l’emozione della giornata, per APT Sondalo, è stato Renato Ciaponi, giornalista, agronomo e direttore del blog “Il Gusto del Gusto”, che ha sottolineato come eventi come questo custodiscano il vero spirito della montagna: accoglienza, tradizioni, sapori e amicizia.

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La partenza con la Miğiondàra in rosa

Domenica 12 ottobre, si è tenuta una nuova edizione della Miğiondàra, l’evento che si svolge a Migiondo, caratteristica frazione di Sondalo, legato ai sapori d’autunno. Anche quest’anno la festa è inaugurata dal trekking in Rosa, giunto alla terza edizione, per il mese dedicato alla prevenzione che ha avuto inizio al piazzale del Municipio, con la distribuzione degli zainetti ai 50 partecipanti. L’evento è organizzato dal Comune di Sondalo e dall’associazione Amazzoni; a dare il benvenuto presenti il Sindaco Ilaria Peraldini insieme alle presidenti di APT Sondalo, Maria Gobbi Frattini e delle associazioni Amazzoni, Giuseppina Osmetti.

Cinque chilometri su un nuovo percorso: si parte in direzione Grosio lungo il Sentiero Valtellina, per poi risalire verso l’antico borgo di Migiondo lungo un comodo tracciato che attraversa castagneti con piante secolari, muretti a secco e terrazzamenti recentemente recuperati e valorizzati. Un’esperienza arricchita dalla presenza dell’Accompagnatore di Media Montagna Mirko Tomerini e della naturalista Benedetta Sala, che con le loro voci hanno guidato i partecipanti tra storia, curiosità e consigli pratici, soprattutto su come migliorare il proprio benessere con l’aiuto della natura.

Camminando sul Sentiero Valtellina, alla nostra destra si aprono ardite scarpate che raccontano una lunga storia di frane: la più antica si sarebbe staccata dalla cima del Monte Fò oltre 9.000 anni fa, una frana imponente che riempì il fondovalle, bloccò il corso dell’Adda e creò un lago molto profondo. Col tempo, il fiume Adda e il torrente Migiondo ripresero il loro corso, scavando profondamente il conoide che ancora oggi mostra scarpate ben visibili dal versante opposto o anche dalla Statale 38, all’altezza della zona di Boscaccia.

Le tappe sono diverse, ma la più sorprendente è al confine con il Comune di Grosio. Dopo l’attraversamento dell’Adda sul ponte pedonale in ferro e un largo sentiero in dolce salita, ecco spalancarsi uno spazio terrazzato inatteso: una ventina di alti e lunghi muri in sasso che disegnano ampi terrazzi e si innalzano, restringendosi, fino a perdersi tra gli ultimi castagni. Colpisce la loro imponenza e la cura della realizzazione: pietre squadrate, anche grandi, incastrate con precisione in un elegante gioco architettonico.

Anche il piano dei terrazzamenti affascina: molto lungo, senza pendenza, con una larghezza di circa dieci metri. Gli ampi spazi comunicano fra di loro con uno spazioso percorso che sala a gradinata “tagliando” gli alti muri. Una via di comunicazione molto comoda. protetta da muri a secco in continuità e ad angolo con i muri principali. Ogni tanto si notano anche scale con gradini a mensola che, più in alto, vanno a sostituire la scala centrale.

Considerato il toponimo “Castel”, è plausibile che anticamente questi terrazzamenti fossero destinati alla coltivazione della vite o ad altre produzioni agricole per il castello di Grosio. Più certa, invece, è l’assetto che vediamo oggi, frutto di un lavoro imponente realizzato tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento da un signore benestante che abitava nella casa tuttora presente al centro dei terrazzamenti. Si racconta che il “padroncino” avesse assunto diversi operai, che chiamava “schiavi” e che, se mai fossero entrati nella sua abitazione, erano obbligati a farlo scalzi.” Poi l’abbandono. Oggi però il complesso torna a mostrare la sua bellezza grazie a un progetto dell’Amministrazione comunale di Sondalo, sostenuto da finanziamento regionale: pulizia completa dell’area, conservazione dei castagni sani nella parte alta e, nei nuovi terrazzamenti recuperati, l’introduzione di castagni di pregio.

Il cammino riprende nel bosco, con i nostri accompagnatori che non si stancano di rispondere alle domande. Tra consigli pratici e riflessioni sull’ambiente che ci avvolge, lo spettacolo del foliage, proprio in questi giorni al suo esordio, accende i rami di gialli, rame e rossi. I colori risaltano quando il sole filtra tra le fronde e illumina il sentiero; ancor di più nel tratto finale, quando l’arrivo a Migiondo ci accoglie con il tepore della luce e il fruscio delle foglie secche sotto i passi.

Ultima tappa, davanti ad un antico castagno, “…recuperare l’energia della natura, per il nostro benessere…” dice Benedetta  e l’ abbraccio del grande castagno,  per qualcuno diventa l’ultimo atto di questo percorso prima di iniziare l’atro percorso, quello del  gusto che i tanti volontari  di varie associazioni hanno preparato.

 

Il percorso del gusto

Sono le 12:30. Dopo la piacevole camminata l’appetito si fa sentire, così decido di non seguire il percorso classico, ma mi fermo subito ad assaggiare i due piatti forti. “Polenta con lughènega buìda” preparata dal gruppo polisportivo di Sondalo e Malfatti alla zucca con fonduta di Casera e porro”. Le porzioni sono generose: meglio sceglierne uno solo, lasciando un po’ di spazio alle tante dolcezze d’autunno che il Bontàpas promette.

Mi stuzzica quel porro con il Casera: due sapori diversi che si inseguono. Ed eccomi allora al tavolo delle Cognate, dove lo chef Remo fa saltare i malfatti con una manualità ipnotica. Mi accomodo su una panca e assaporo la morbidezza degli gnocchi e la croccantezza delle sottili listarelle di porro che li coronano.

Poco distante, Marco ha allestito i giochi di una volta, fatti di legno e fantasia: ricordi di una vita contadina semplice, quando bastava davvero poco per sorridere e divertirsi. Lo sguardo corre allo spazio del Museo Vallivo di Valfurva. Penso a lui, il maestro Mario Testorelli, anima del museo: una vita di ricerca, anche insieme ai suoi alunni, per salvare oggetti e memorie della cultura alpina.

Oggi, in quell’ampio spazio, alcuni antichi attrezzi tornano a vivere nelle mani dei volontari del museo, in collaborazione con l’Associazione Anziani di Valfurva: saperi antichi, ingegnosità contadina, intelligenza delle mani. Vestiti con i costumi d’epoca, “interpretano” i lavori della civiltà rurale dei primi decenni del Novecento: il ciclo della lana, dalla tosatura della pecora alla tessitura; la battitura della segale; la produzione degli scànduli, le tegole di legno.

La mia attenzione si ferma su un bambino, avrà dieci anni, al centro dell’area della battitura, dove sopra un grande pelorsc “batte” le piante di segale essicate. Colpiscono i movimenti precisi del fièl e, soprattutto, la sua resistenza: per diversi minuti non perde il ritmo. Mi avvicino, scambio due parole con i volontari che mi raccontano le mote attività del museo.  Ora, nello stesso spazio, si muove con sorprendente agilità anche una signora anziana. La riconosco: è la signora Ilde, la vedova Testorelli.  Anche lei alla Miğiondàra forse come omaggio al marito, forse per il semplice desiderio di ricordarlo, qui, dove tutto parla di lui.

Lascio il prato e riprendo il percorso, non prima di una sosta allo stand di Davide, giovane intagliatore sondalino e a quello dei pezzotti, tessuti a Sondalo con pazienza e cuore dalle volontarie del progetto “Camerun” della scuola di Sondalo: un tocco di tradizione e di solidarietà. Il ricavato andrà a don Giusto Della Valle, originario di Le Prese, per le missioni in Camerun.

Cammino tra le antiche abitazione di Migiondo. Uno sguardo al laboratorio di smielatura dell’azienda agricola di Guido Mazzetta per giungere alla prima postazione dove mi aspetta la prima dolcezza della giornata.

Tornare alla Miğiondàra è ogni anno un piacere: c’è sempre qualcosa di nuovo, ma soprattutto c’è la certezza della qualità. Un percorso enogastronomico curato, ricette in cui la castagna è regina e sa sorprendere di edizione in edizione; la ricerca dell’autenticità che diventa prodotto buono; la professionalità di chi cucina; la gentilezza quieta dei volontari al servizio.

Ed eccomi alla prima postazione. I coscritti 2007 mi accolgono con un sorriso: Cocktail de “Samichêl” (sidro e sciroppo di sambuco) e un biscotto di farina di castagne e cioccolato, preparato dalla Pasticceria Bolandrini. Poco più in là un’altra tentazione: gli amici della Butèga Valtellina presentano la novità dell’anno, un bis di cannoli: ricotta e mela, e ricotta con crema di castagne selvatiche. Irresistibili.

Attraverso il prato e passo davanti alla chiesa dedicata a S. Bernardo e alla SS. Trinità, un frammento di storia che arriva da lontano: dalla porta aperta per le visite guidate intravedo alcune persone in ascolto di Vanda e Graziella. All’esterno altra sorpresa, lo stand dell’azienda agricola di Michela Robustelli della Cuna, con i prodotti e la dimostrazione della cera d’api.

Ma le dolcezze d’autunno non sono finite: ecco anche il tavolo dei Cornàt “sü la préda” con fìch, piatto della tradizione sondalina e frontalasca (Associazione Li Simenza Giovani Sondalo). L’anno scorso uvetta, quest’anno fico. Il prossimo? Chissà, sarà una sorpresa.

Mi aspetta ancora un’ultima carezza: il tiramisù con marron glacé, preparato e servito dagli Sgangherati, Associazione Giovani Frontale. Buonissimo, come sempre.

Guardo i bambini che si divertono sugli asinelli dell’azienda Agricola locale di Attilio Pozzi presente per la prima volta, un’immagine che sa di genuinità e di festa di paese, a sancire ulteriormente un’edizione che richiama il territorio e la sua gente; tra canti e fisarmoniche rientro verso il cuore della festa. Ancora musica: prima Matteo, “Il Teo di Lecco”, scalda il pubblico con il suo entusiasmo, accompagnato dai fisarmonicisti sul palco; poi arriva la grande chiusura con I Tirataie, la band Folk&Roll delle Dolomiti, per la prima volta in Valtellina; un’esplosione di energia e simpatia, con quel tocco di irriverenza che li rende inconfondibili e amatissimi, oltralpe. Ultima sosta per “sporcarmi” le mani le mani con i Brašchēr de Miğiónt, il piatto principe della festa da cui è nata la Migiondara. Gli Alpini offrono un bicchiere di vin brûlé fumante, profumato di tradizione. Poi, un ultimo sguardo alle selve che scendono verso il fondovalle, avvolte nei colori caldi dell’autunno dove le Guide Alpine, Marco e Federico, fanno “volare” gli ultimi bambini sulla divertente zip-line tesa tra i castagneti, quegli stessi castagneti che rendono Migiondo un borgo davvero speciale.

Il sole inzia a calare ed è il momento di andare verso il parcheggio. Ciao, Migiondo: ci rivediamo l’anno prossimo. Con lo stesso calore. E, ne sono certo, con altre sorprese da raccontare.

- Renato Ciaponi e APT Sondalo -

foto Caio Schieppati

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