FRAMMENTI DI STORIA. LA PARABOLA DEL FIGLIOL PRODIGO IN DIALETTO LIVIGNASCO
La parabola evangelica del Figliuol Prodigo è stata resa in dialetto livignasco in ben cinque versioni. Intatti, partire dal 1845 e sino al 2000, si sono cimentati in questa singolare impresa Pietro Monti (1845), Bernardino Biondelli (1853), Antonio Finazzi (1863), Joseph Huber (1908) e infine Orazio Galli nel 2000.
Perché questo interesse per il racconto evangelico? Nell’Ottocento la parabola del Figliuol Prodigo venne presa come archetipo per una sorta di esperimento linguistico: diventò, cioè, il testo basilare su cui si esercitavano gli studiosi di dialetto. Essa, infatti, conta centinaia di versioni dialettali e per ciascuna si ha il pregio di poter contare su una base di partenza uguale per tutti.
Il contributo dello studioso Emanuele Mambretti, pubblicato sul Bollettino n. 3 del Centro Studi Storici Alta Valtellina, si basa sullo studio lessicale dei termini in uso nel dialetto livignasco negli anni sopradetti: il confronto consente di verificare nel tempo le variazioni dei lemmi. In alcuni casi si tratta di variazioni minimali, in altri sono molto significative: ad esempio le forme mazzèl/mazzel (uccidetelo) in uso nell’Ottocento sono ormai scomparse e si sono completamente modificate dal moderno copédal.
Una vera e propria finestra aperta sul cambiamento che la lingua ha subito nell’arco di un secolo e mezzo.
Anna
E. MAMBRETTI, La parabola del Figliuol Prodigo: confronto tra quattro versioni storico e una nuova nel livignasco corrente
http://www.cssav.it/wp-content/uploads/2017/02/Bsav-03-Mambretti.pdf
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