“SEGNI DELLE ROCCE IN ALTA VALTELLINA” PRESENTATI DA REMO BRACCHI E DAVIDE PACE

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“SEGNI DELLE ROCCE IN ALTA VALTELLINA” PRESENTATI DA REMO BRACCHI E DAVIDE PACE

Mer, 17/08/2016 - 21:13
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Tema dei vari incontri 'La Terra', intesa in tutte le sue possibili varianti ed accezioni

La conferenza tenuta da Davide Pace e don Remo Bracchi martedì 16 agosto 2016 ha chiuso il ciclo di appuntamenti organizzati nell’estate 2016 dal Museo Civico di Bormio in collaborazione con il Centro Studi Storici Alta Valtellina. Tema di ogni incontro “La Terra”, intesa in tutte le sue possibili varianti ed accezioni, esposte con dovizia e competenza dai diversi relatori che si sono avvicendati ogni settimana nella magnifica sala della “Stua Granda”.
In questa ultima soirée il prof. Pace e don Remo Bracchi hanno intrattenuto un attento e numeroso pubblico sui “Segni delle rocce in Alta Valtellina”, il primo da un punto di vista strettamente archeologico e paleografico, il secondo elaborando l’evoluzione linguistica di alcune parole in uso in ambito locale. Per il pubblico è stato così possibile scoprire l’esistenza di un copioso gruppo di massi coppelliformi dislocati in diverse località del Bormiese (soprattutto in comune di Valdisotto), alcuni dei quali di pregevole interesse. Si tratta di rocce che sono state variamente incise o addirittura graffiate e che riportano croci, solchi nonché le tradizionali coppelle (figure geometriche di diversa ampiezza e profondità, che probabilmente venivano riempite con fluidi ed utilizzate per svolgere riti pagani). Le prime incisioni furono individuate nel 1969 in località Cariboni, nei pressi di Bormio 2000, sulla superficie di quello che comunemente viene considerato un “masso Altare”; altri segni rupestri furono poi rinvenuti nei luoghi adiacenti (Stradela, Canalida, Vallecetta…), tanto che fu ideato un percorso per collegarli fra loro e renderli fruibili alla popolazione ed ai turisti. Alcune rocce sono di grosse dimensioni, altre emergono appena terreno, in alcuni casi si tratta solo di frammenti, in un altro caso il masso coppelliforme è addirittura stato spostato per consentire il passaggio di una pista. Un notevole serbatoio archeologico si trova anche in località S. Pietro, dove le coppelle sono state scavate su un piano nettamente inclinato e quindi dovevano avere una funzione diversa (cioè non venivano riempite con liquidi).

Anche a Oga, in località Doss de li Plati (via Crap del Maro) affiora una roccia levigata dal ghiacciaio che mostra ben 72 coppelle (grossolanamente scolpite perché si tratta di una roccia molto dura) ed una croce incisa con un metallo, probabilmente di epoca successiva: un tentativo, forse, di “cristianizzare” i culti pagani. Infine in località S. Antonio di Scianno, all’imbocco della val Vezzola, si nota un grosso masso interessato da profondi solchi intersecanti ottenuti per graffi ripetuti. Sul significato di questi reperti, riscontrabili in tutto il mondo, esistono moltissime supposizioni; per l’Alta Valle si può solo rilevare l’enorme importanza attribuita alla loro collocazione geografica (infatti si trovano tutti in luoghi panoramici molto aperti, esposti e in posizione dominante rispetto alla piana sottostante), mentre la loro datazione risulta assai difficile. Un aiuto potrebbe giungere da alcuni manufatti di epoca preistorica che sono stati ritrovati nelle vicinanze di queste rocce: sul Vallecetta fu scoperta una macina, databile all’età del Ferro, che serviva per triturare le granaglie e alla stessa epoca è attribuibile la bronzea “ascia di Tola”; in località I Ross, invece, fu rinvenuta nel 1915 una spada dell’età del bronzo (la cosiddetta “spada di Fumarogo”).
La trattazione della serata è quindi proseguita con il secondo interlocutore, noto glottologo, cosicché dai “segni sulla roccia” si è passati ai “segni linguistici” lasciati e modificati nel tempo. L’intervento di don Remo Bracchi ha preso spunto da un altro noto ritrovamento archeologico qual è stato “l’uomo di Similaun”. A partire da alcuni oggetti che facevano parte del corredo di quest’uomo primitivo, egli ha illustrato la radice e la stratigrafia semantica di alcuni lemmi tuttora di uso comune, a partire dalla loro antica matrice. Le parole “slinziga”, betulla, “visiga”, fino al nome stesso di Bormio e di Combo sono il frutto di un processo di evoluzione linguistica che rivela il sostrato della nostra antichità, così come altrettanto significative sono le filastrocche, oggi considerate innocenti canzoncine ma che nei tempi remoti erano le antichissime preghiere di una religione arcaica.

Anna