“LA POESIA È LA VOCE DELLE MIE EMOZIONI”. INTERVISTA A MAURA GURINI, POETESSA DELLE MONTAGNE

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“LA POESIA È LA VOCE DELLE MIE EMOZIONI”. INTERVISTA A MAURA GURINI, POETESSA DELLE MONTAGNE

Sab, 15/02/2020 - 21:32
Pubblicato in:

15 febbraio 2020

Maura ama definirsi “poetessa delle montagne”, un po’ perché in montagna vi è nata, un po’ perché l’ambiente alpestre è un habitat ideale per gli artisti come lei, che hanno bisogno di lasciarsi avvolgere dalle atmosfere tranquille e pacifiche di un paesaggio o dai suoni lievi di un bosco, “immergermi nella natura mi permette di entrare in contatto con il mio essere più semplice e più spontaneo…”.

Maura Gurini compone poesie in dialetto solo da qualche anno, ma ha già saputo ritagliarsi uno spazio suo in un ambito tanto apprezzato quanto difficile; il dialetto, infatti, è tornato prepotentemente al centro dell’attenzione e non sono poche le manifestazioni in cui viene utilizzato o in cui è protagonista. Tuttavia, il terreno bruciato che è stato fatto intorno al dialetto nei decenni scorsi (soprattutto a partire dalla metà del Novecento) ha generato figli che lo ignorano completamente oppure che lo comprendono ma non lo sanno parlare. “Anche per me è così” – spiega Maura. “Mia mamma mi parlava in dialetto bormino quindi lo campisco molto bene, però non l’ho mai parlato da piccola e quindi comporre poesie mi richiede uno sforzo maggiore perché non ho la mente predisposta”.

Però ti riesce molto bene!

Perché il dialetto lo sento come qualcosa di intimo o meglio, mi permette di esprimere meglio i pensieri che ho e le emozioni che sento.

Come hai iniziato?

Ho iniziato nel 2013 con il concorso di poesia dialettale di Sondalo. La poesia in dialetto è stato un modo per dar voce a un grande dolore che ha colpito la nostra comunità qualche anno fa e soprattutto per fissare nel tempo un ricordo, un ritratto, un affetto che non volevo si perdesse. In quella occasione ho scritto la mia prima composizione, quasi di getto, e mi sono resa conto che sulla carta le parole uscivano meglio che a voce: il foglio bianco diventa la tua voce e nello stesso tempo è lo strumento per alleggerire il peso che si ha dentro. La poesia per me significa esternare, attraverso la scrittura, quel che si sente e potersi così esprimere senza limiti né barriere. Vorrei anche far capire a tutti che da un grande dolore può scaturire qualcosa di bello, è come una rosa spezzata che rifiorisce.

A cosa ti ispiri?

Dipende dai momenti: ci sono periodi in cui riesco a produrre tante poesie, perché magari ho un argomento che mi appassiona o sono particolarmente ispirata, mentre in altri ho bisogno di recuperare, di fermarmi… scrivere richiede energie mentali e a volte ci si sente “prosciugati”. Magari l’argomento mi sovviene per caso, oppure scopro qualche personaggio o qualche storia che meritano di essere valorizzati, soprattutto se riguardano la nostra terra.

Le tue poesie si caratterizzano per una metrica pulita, orecchiabile, quasi una melodia…

Adesso scrivo in endecasillabi, perché mi piace l’ordine dato dalla rima e dal ritmo. Però ci sono arrivata pian piano… Dopo la mia prima poesia ho iniziato a studiare composizione poetica e ad applicare la teoria alla pratica, ho lavorato, sperimentato e lo faccio tuttora. Ogni occasione è buona per apprendere, mettersi alla prova e non solo con la poesia! Dipingo, scatto fotografie, cerco di esprimermi con le forme artistiche che sento affini al mio essere… e poi continuo a studiare, a scoprire leggende, mi piace far rivivere il nostro passato.

Infatti abbiamo visto un bellissimo calendario degli agricoltori di Valfurva con le tue foto e le tue poesie

È stata un’esperienza molto bella, perché si parla delle nostre radici, della vita agricola, dei mesi che trascorrono e dei lavori che si facevano in base alle stagioni e al tempo. Per realizzarlo ho pensato a un filo conduttore, cioè un nonno che tiene il nipotino per mano e in dialetto gli spiega, contando sulle dita, i mesi dell’anno che si dipanano nel calendario. è anche uno studio sui modi di dire di una volta.

Di altro tenore, ma sempre ugualmente poetico, il calendario di “Insieme per Vincere”

Qui ho immaginato una poesia divisa in sentimenti: gennaio lo sconforto, febbraio il cambiamento, marzo la paura e così via. Ogni mese un sentimento diverso, fino a racchiudere le emozioni più forti attraverso le quali può passare l’uomo. Ho pensato che le persone possono affrontare le malattie passando attraverso fasi ed emozioni contrastanti, ma alla fine di tutto, quello che conta davvero, è l’amore che diamo. Nonostante le tribolazioni, si può trovare una via d’uscita nell’amore e nella vicinanza degli amici: questo è il messaggio positivo. E poi, il consiglio che vorrei trasmettere a tutti, è di vivere in modo tanto “astuto” da saper gustare ogni minuto della vita.

Sei balzata agli onori della cronaca per essere stata premiata a Roma, a un concorso di poesia internazionale!

Devo ringraziare tantissimo per questa opportunità l’associazione Progetto Alfa di Massimiliano Greco a Antonio Muraca: sono entrata in punta di piedi e mi hanno accolto subito coinvolgendomi nei loro progetti, incentrati sulla valorizzazione della poesia e degli autori tra cui Giovanni Bertacchi. Proprio al poeta chiavennasco è dedicato il concorso di poesia cui ho partecipato e che mi ha permesso di classificarmi 2^ al concorso nazionale e 6^ a quello internazionale, con premiazione al Campidoglio, a Roma… un’emozione grandissima stare sul palco a rappresentare la Valtellina e l’Alta Valle!

Con quale tema hai partecipato al concorso?

Le categorie erano 4 per il concorso nazionale e 3 per quello internazionale e fra queste ho scelto la tematica “La voce del ritorno (terra di casa)”, poiché in alcuni studi ho approfondito il discorso sull’emigrazione valtellinese, ho avuto occasione di ascoltare testimonianze dirette di emigrati, ho letto dei valtellinesi trasferitisi per lavoro in Svizzera. La poesia che ho presentato si intitolava “Di padre in figlio” e tratta della trasmissione da un genitore a un figlio di tutto quel sistema di valori, radici, cultura e storia che costituisce il nostro piccolo mondo, un sostrato che gli emigrati si tengono stretto nel momento del distacco. L’abbandono della propria terra, e quindi del proprio mondo, genera una vita malinconica, nostalgica, straniante, con il pensiero rivolto al proprio paese natale.

Progetti per il futuro?

Sicuramente continuerò a comporre e studiare e proseguirò nella mia collaborazione con l’associazione Progetto Alfa. Abbiamo inaugurato recentemente i “tè letterari,2 incontri tematici incentrati su un personaggio letterario di volta in volta diverso, intorno al quale ci siamo trovati a discutere, a comporre poesie, a declamarle, il tutto sorseggiando un tè ogni volta differente. Questi incontri mi hanno ispirato un componimento associato al tè; il tè – proprio come la poesia – diventa un “sorso di luce che scende nel cuore” e nella varietà delle sue miscele ci può condurre a terre distanti come all’orto di casa: un’esperienza in cui l’aroma stupisce perché non è mai uguale, in cui le diverse miscele si mescolano tra loro come i sogni si mescolano con il passato e il presente. Poi ho nel cassetto un progetto poetico su personaggi un po’ dimenticati… ma è ancora tutto in divenire.

Dobbiamo ringraziare Maura non solo per mantenere viva l’attenzione sul dialetto, ma anche per applicarsi a un’arte non facile qual è la poesia, da sempre bistrattata, considerata naïve, noiosa, poco spendibile in un mondo dove tutto gira alla velocità della luce. Eppure, se debitamente coltivata e insegnata, può diventare una straordinaria forma di espressione e di valorizzazione artistica ed umana. Senza limiti di età!

 

Anna

Foto: Progetto Alfa