INCONTRO CON LA GIORNALISTA FRANCESCA BORRI
Quando ci si trova faccia a faccia con Francesca Borri si resta tramortiti: racconta di guerre dimenticate, di colossali interessi economici, di operazioni sporche, di civiltà spazzate via, di interi popoli ridotti alla fame, di vicende che sembrano riesumare le storie dei nostri nonni durante le Guerre Mondiali, poveri diavoli mandati al macello in nome di interessi superiori. Racconta dell’altra metà del mondo, non quella incontaminata in cui viviamo noi, ma quella della Siria, del Pakistan, di Israele, della Palestina, dell’Egitto, dell’Iraq…che inghiotte milioni di persone in un inferno dove tutti hanno la loro parte di colpa e dove tutti se ne lavano le mani. Racconta del corto circuito del Ghana (paese specializzato nella coltivazione del pomodoro, dove i nativi ridotti alla povertà scappano in Italia per…lavorare nei campi di raccolta del pomodoro!!) o delle Maldive (dove si annida il più alto numero di jihadisti e foreign fighters) o dell’Egitto (uno dei paesi “più terrificanti al mondo, dove il 27% della popolazione è sotto la soglia di povertà e il 60% appena al di sopra”). Nel piccolo spazio delle Ferriere di Premadio, mercoledì 20 settembre 2017, con i frammenti a raffica delle sue esperienze ha aperto uno squarcio sulla realtà – per noi inimmaginabile – delle guerre in Medio Oriente e nell’Est Asiatico, della Jihad, della vita quotidiana in questi pezzi martoriati del pianeta, dei motivi che – secondo il suo parere – spingono le persone alla radicalizzazione e all’estremismo religioso (“Quando vivi giorno e notte sotto i bombardamenti, con la paura costante di morire da un momento all’altro, quando ti senti del tutto impotente…puoi solo affidarti nelle mani di Dio”). La sfrontatezza con cui sostiene le sue tesi – con tanto di nomi e cognomi – è ammirevole, ancorché disorientante, a partire dal ruolo odierno dell’informazione e del giornalismo: si parla tanto di globalizzazione, eppure “il mondo è di una diversità enorme”. L’incontro con la giornalista free-lance è stato organizzato dall’associazione Rueido, che ha costituito attorno a sé una rete di persone e di attività per favorire forme di integrazione e di sostegno agli immigrati ospitati a Bormio. Nel suo appassionato flusso narrativo, sollecitata da alcune domande, Francesca ha provato a spiegare – dal suo punto di vista – alcuni aspetti che toccano da vicino l’Italia e i paesi su cui convergono migliaia di profughi, partendo da un semplicissimo presupposto: “In una larga parte del mondo la vita non è vita”, concordando sulla necessità di adoperarsi per fare in modo di “aiutarli a casa propria” e quindi di ristabilire le condizioni affinché possano costruirsi un futuro nel loro paese. Lei stessa si è definita una “migrante economica”, fuggita dall’Italia dopo alcune piccole esperienze lavorative. Una serata di forte impatto emotivo, soprattutto per la schiettezza della giornalista su temi difficili e complessi, nei confronti dei quali noi ci poniamo di solito con atteggiamento più morbido e quiescente. La presenza dei ragazzi e dei volontari di Rueido è stato un richiamo significativo alla realtà a cui quotidianamente ci troviamo di fronte e che ognuno di noi affronta con il suo piccolo bagaglio di esperienza, di pensiero e di umanità.
Il ciclo di incontri denominati “Contaminazioni identitarie 2” organizzati dall’associazione Rueido proseguirà nei prossimi mesi con un fitto calendario (https://www.facebook.com/rueidobormio/).
Anna
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